incontro il poeta

 

(frammento)

 

 

 

 

 

 

Sicché poi un giorno, non chiedetemi perché, incontro il Poeta, che potrebbe essere, mettiamo, il Matteo che si è nominato in precedenza, questo giovane d'un'eleganza sottile, bianco latte e perlopiù freddo (ma solo di temperatura), che con le mani ficcate in profondità nelle tasche dei pantaloni di velluto dimostra di non essere altro che un'immagine, un doppio riflesso, una mia somiglianza, una mia indefinita variante, ma tanto più reale. "Tanto quanto?" vorrei chiedergli, ma non posso ancora parlare. Accetto muto l'invito che mi fa di andare a prendere un caffè e così rinchiusi in un baretto che somiglia a qualcosa ci scambiamo i vestiti, ci invertiamo, rimaniamo gli stessi a turno e lui viene sempre dopo, al limite dell'inutilità ma ogni volta dentro per il rotto della cuffia, e in questo modo lacerando uno dei diciassette fazzoletti bianchi che si porta appresso mi racconta: "C'era una volta, una volta le mattine erano limpide tutte, questa mattina limpida e chiara, e un uomo in una casa vuota, in procinto di svegliarsi, attorno a lui bocce per i pesci vuote, altri acquari invece pieni e ronzanti con i tubi al neon ma senza pesci, solo acqua d'una trasparenza soprannaturale, acqua concreta." S'interrompe, boccheggia per qualche istante, strizza gli occhi, riprende: "L'uomo si sveglia e cerca uno specchio. Non trovandolo, non trova di meglio da fare che restare per circa un quarto d'ora immobile a fissarsi le mani, mani grandi, lisce, pulitissime; dopodiché i pesci, ciò che lo fa pensare ai pesci tropicali giacché lì non c'è nessun pesce, solo bocce vuote e un po' d'acqua, un po' di luce artificiale che nel fulgore di metà mattina scompare insignificante, si nasconde, si nega - i pesci, dicevo, li vede comunque, ma capisce che non hanno nessuna importanza, lascia perdere." Soffoca un singhiozzo, finge di sbadigliare, si gratta il naso e prosegue: "Insomma le bocce, il vetro, le curve, quest'uomo afferra la boccia più vicino a lui in quel momento, una sfera di vetro di media grandezza, tutta impolverata, e se la porta via, fa per uscire dalla stanza, percorre un corridoio, scende una rampa di scale, attraversa altre stanze, esce da quella che crede essere la porta d'ingresso, percorre un corridoio, scende una rampa di scale, trova un ascensore ma tutti i bottoni sono bianchi, senza numeri o segni visibili. Sospira, depone la boccia ai suoi piedi e, chiudendo gli occhi, preme il primo bottone partendo dal basso. La cabina scende sussurrando, la boccia vibra, l'ascensore si ferma e la porta scorre su un corridoio di mattonelle azzurre. L'uomo lo percorre, la boccia sotto il braccio sinistro, gli prude la testa, suda un po', fa caldo. Al termine del corridoio non c'è niente, solo una porta verde. 'Ah,' dice l'uomo, guarda dentro la boccia, non c'è niente da vedere, apre la porta, la spinge, è pesante, c'è una molla che cigola o i cardini, è un bagno, un grande bagno con lavandini color crema, la tappezzeria azzurra con un motivo astratto che ricorda vagamente un volo d'uccelli al tramonto su un paesaggio marittimo, un enorme vaso bianco col bordo dorato, vuoto, e una finestra murata, mattoni del tipico color mattone attraverso il vetro, e basta. 'E basta,' dice l'uomo, apparentemente tranquillo, ma quando si avvicina al lavandino e con la mano sinistra gira il rubinetto dell'acqua fredda vediamo distintamente le sue dita tremare, vibrare piano nell'aria umida. Insomma per farla breve riempie la boccia, la svuota, la riempie di nuovo, la svuota, la riempie - lo fa un po' di volte per togliere tutta la polvere, poi la appoggia per terra e, borbottando parole senza senso, si lava mani e faccia." Una pausa, poi: "Scusa un secondo, torno subito." Il Poeta, o Matteo, si alza ed esce dal locale, lasciandomi interdetto. Lo aspetto per quasi un'ora poi mi arrendo all'evidenza: non tornerà, mi ha lasciato qui coi caffè da pagare e io non ho un soldo.

 

 

back

 

home

Hosted by www.Geocities.ws

1