DALL’IMMAGINE ALLA STORIA

Iconographia historica: di tre inedite stampe

devozionali dell’800 gallipolino

di Elio Pindinelli

Materiali alternativi a quelli tradizionalmente praticati nel campo della ricerca storica locale, ma non per questo meno interessanti, si rivelano le stampe popolari d’epoca soprattutto quando, allontanandosi nei soggetti da stereotipi iconografici tradizionali, ci danno la possibilità di cogliere ed approfondire momenti particolari e territorialmente circoscritti di usi riti e devozioni, se non quando singolari, certamente rari nel variegato panorama devozionale cattolico.

La rarità di questi materiali cartacei non ha sempre stimolato nell’affrontare un organico lavoro di ricerca, che manca, finalizzato soprattutto ad una sorta di censimento dei culti particolari, dei quali andrebbero delineate le aree di diffusione e nel contempo fissate le origini.

A questo fine, ma anche a dimostrazione della validità del lavoro di ricerca in questo settore, considerato erroneamente marginale, mi piace qui presentare 3 inedite litografie ottocentesche, certamente non le sole conosciute in ambito territoriale gallipolino (basti segnalare qui una Sant’Agata ed una Santa Cristina litografate dal Richter) ma tra loro omogenee essendo usciti i disegni tutti dalle mani di Luigi Consiglio fino ad oggi conosciuto e segnalato solo per i dipinti conservati nella locale biblioteca comunale.

La prima di queste stampe, litografata il 1857 da Raffaele D’Angelo, raffigura San Fausto con sullo sfondo la Città di Gallipoli veduta dai cappuccini, la cui immagine è chiaramente mutuata dalla tavola disegnata da Cipriano D’andrea e pubblicata da Ravenna il 1836.

Fausto martire, è noto, è uno dei protettori minori della Città di Gallipoli e la sua immagine scolpita in pietra leccese campeggia nella nicchia bassa di destra del fronte barocco della Cattedrale.

Il corpo di Fausto esumato dalla catacomba di Domitilla in Ponza, già proprietà del cardinale Gaspare Carpegna, pervenuto nel 1 678 in mani del cardinale Mario Albrizio, giunse in Gallipoli, per donazione in favore di don Onofrio Castellana, nell’aprile del 1679, come dettagliatamente ci informa un atto del notaio Mega del 3.4.1680 di recente utilizzato e segnalato dal Cosi, che pure ci dice della solenne donazione fatta dallo stesso don Qnofrio, ch’era canonico tesoriere della cattedral Chiesa di Gallipoli, in mani del vescovo Perez della Lastra il 31.8.1681.

La sacra reliquia, che fu deposta in un’urna di legno dorato, la ritroviamo con Mons. Brancone nella cappella del palazzo vescovile, per essere quindi ricevuta con mons. Gervasio nella privata cappella del Seminario vescovile. È’ oggi custodita, a lato dell’altare dedicato a San Sebastiano, nella basilica Cattedrale.

Altro Fausto, anche lui martire, venerava in Spagna la città di Cartagena cui Giacinto Coppola dedicò in versi il 1694 un

«Parelio tra Gallipoli e Cartagena»

«l‘una e l’altra sotto l’ombra del Re Cattolico,

in occasione, che ambedue possiedono un

Santo Martire di nome Fausto)).

Non trascurando naturalmente di dedicare al santo martire nostro il sonetto che segue:

S.. Fausto Martire

il cui sacro deposito si riverisce nella Chiesa Cattedra/e di Gallipol/

Se più ammirabile si renda, il Santo, nell’haver

l’antichi scrittori passato in silentio le

sue gesta, o se l’havessero decantate

 

Dunque l’invitto Eroe sparge dal core

Per irrigar la Fe’ di sangue i rivi

ne’ dell’antichità v’e’ chi descrivi

Quali pene soffrì, con qual’ardore?

Se ad Averno ispirò tema, ed orrore,

E risvegliò nel Ciel plausi festivi,

Su’ marmi, stritolò dei falsi Divi,

Perché non iscolpir cifre d’onore?

Col sol nome di Fausto a noi lo rende

Roma, e su quanto opro’ per il suo Dio

D’un ingrato silentio il vel distende.

Non v’è colpa del Tebro, o dell’oblio,

Ma l’istoria in mirar l’opre stupende

Attonita restosse e si smarrio:

La Madonna dei fiori «che si venera nella chiesa Parrocchiale di S. Maria della Lizza in villa picciotti» con deliziosa veduta della chiesa e del borgo civico una, e «che si venera nella Cattedral Chiesa di Gallipoli» l’altra, raffigurano le due ultime stampe disegnate da Luigi Consiglio, datata 1863 la prima e litografata da Delfino la seconda. Questo culto particolare per la Beata Vergine Maria fu introdotto in Gallipoli ad opera del zelante vescovo La Scala in concomitanza con il giubileo del 1 858 proclamato da Papa Pio IX nel concistoro deI 25 Settembre 1857 e determinato in Gallipoli per tutto il mese di maggio, sacro alla Madonna. Mons. La Scala, che resse la cattedra Gallipolina dal giugno del 1 852 aI settembe del 1 858, fu pastore devotissimo della Vergine Immacolata, e dalla pronuncia dogmatica del 1854 aveva introdotto in Diocesi la pratica del mese di Maggio per come l’aveva codificata un secolo prima P. Annibale Dicnisi della Compagnia di Gesù seguito in ciò da P. Mazzolari, autore di un metodo da tenersi nella pia pratica che ebbe la più ampia diffusione in tutto il mondo cattolico.

E al fine di poter dotare convenientemente la Cattedrale di una statua della Madonna «affinché se ne decorasse questa chiesa pel prossimo maggio» Mons. La Scala aveva incaricato tal Padre Rignano in Aracoeli a Roma perché, valutata l’opportunità di stabilirne la foggia secondo la moda in uso nella capitale cattolica, ne commissionasse l’opera presso un artista romano.

Pio IX aveva inaugurato l’8 settembre del 1 857 la statua della Madonna Immacolata, realizzata in marmo dal modenese Luigi Poletti, e collocata in piazza di Spagna di fronte al Collegio di Propaganda della fede, sull’alta colonna ch’era stata recuperata dai giardini del palazzo di Monte Citorio. Ma l’opera non era piaciuta ai romani e non solo ad essi se il Gregorovius annotava nei «Diari romani» sotto la data del 1 7 settembre di quell’anno: «In roma ho trovata scoperta la statua della Madonna della Piazza di Spagna: la cattiva sua struttura assomiglia ad un turacciolo di bottiglia di champagne capovolto. Pasquino lo ha riproodotto con una satira. Siccome alla statua di Mosé la bocca è rimasta troppo piccola, Pasquino gli grida. «parla». Mosé con bocca fischiante risponde «non posso». Pasquino: «Dunque fischia». Mosé: «Sj io fischio lo scultore».

E medesima fu la risposta che il Padre Rignano diede il 10 ottobre di quell’anno a Mons. La Scala: «Ho tardato sino ad ora di darmi fretta pel noto dovere della Madonna, che ella desidera per far bella cod. ta sua Chiesa, poiché ho creduto vedere che effetto facesse nell’estimazione artistica del pubblico la statua per ordine del S.P. innalzata nella piazza di propaganda in Roma. Perché si credeva che dovesse essere un capolavoro, da stordirne il mondo di meraviglia: che poi non è piaciuta si può dire a nessuno. Se fosse stato questo un bel disegno, la sua Madonna, caro Monsignore, l’avremmo a questa romana di Pio IX fatta fare rassom,igliante».

Il risultato fu che tra i due tipi alternativi consigliati dal Rignano «quel del Murillo (antico) e il recente di Gagliardi che è forma di molta modestia e presso a poco alla così detta Madonna di Francia, senza l’irradiazione delle braccia come quei”, si finì con lo scegliere quello del Gagliardi con l’unica raccomandazione del Vescovo che il volto, realizzato in materiale plastico, avesse «una espressione animata, ciocché mi pare che non si avveri nella Madonna di Francia” e che «l’altezza dovrebb ‘essere, credo al di là del vero, e colossale anziché no» come pure «che la statua dovrà essere da noi vestita di abiti di seta, dei quali l’artista dovrebbe darci il solo regolamento».

Giunta in Gallipoli la statua non saprei dire se migrò dopo qualche anno, al termine dell’episcopato del La Scala, in quel di Alezio, o Villapicciotti come allora si chiamava il vicino borgo.

Vero è che nella Chiesa della Lizza la statua, se non fu copia dell’originale romano, nel 1863 veniva certamente venerata. Oggi invano purtroppo si cercherebbe di saperne qualcosa, lo stesso parroco don Schirinzi non ricorda, a memoria d’uomo, nè statua nè rito della Madonna dei fiori.

È possibile perciò che con l’episcopato di Mons. Carfagnini, che fu devotissimo dell’immacolata la cui immagine campeggiava nel suo stemma episcopale al motto «Tuta stat», la statua sia rientrata nella Cattedrale gallipolina dove tuttora è fervidamente venerata in maggio con processione solenne nell’ultimo del mese.

Un episodio singolare, avvenuto nel 1948 nel clima rovente di lotte politiche, si lega a questa statua gallipolina, quando cioè qualcuno credette di vedere la Madonna muovere ripetutamente gli occhi in Cattedrale.

Com’è facile immaginare l’emozione fu viva e l’eco immediata ed altrettanto puntuale la speculazione.

Ci fu chi scrisse su La Gazzetta del Mezzogiorno che: «Il prodigioso I movimento degli occhi della statua della Madonna dei Fiori, venerata nel Duomo di Gallipoli non è soltanto - come si potrebbe pensare - diquasti tempi, circa un secolo fa, nel maggio del 1856, il signor Pietro Brunner svizzero del Testoat, di religione protestante, ufficiale del Re nel Castello di Gallipoli lo notò nel guardare la medesima statua. Egli ne fu tanto e intensamente commosso e toccato, che corse ai piedi del Vescovo Mons. La Scala per pronunziare l’abiura e per essere quindi battezzato e cresimato, come si legge nel latino curiale dei registri parrocchiali».

Che l’abiura solenne del Brunner sia stata pronunciata il 31 maggio del 1856 è dato incontestabile, ma che questi abbia mai potuto veder gli occhi muoversi di una statua che ancora doveva essere ideata, è cosa provata in queste pagine.

Il Brunner si sarà certo convertito al Cattolicesimo nella speranza di guadagnarsi i favori celesti, chè di quei tempi era preoccupazione comune.

La conversione del 1948 certamente non arrecò grazie divine al presunto.., visionario, ma c’è chi assicura che le promesse di favori... politici facessero allora tremare anche gli occhi ad un bisognoso.

Come sentenzia il popolo ancor oggi: «Ogni suttile ‘ngegnu vene de gran basognu e ci nu se pruvide sulu, mara la ventre ca ave male padrunu»

Querelle

STAMPE E DEVOZIONE

Querelle

 

STAMPE E DEVOZIONE

 

L‘articolo «Iconographia historica: dì tre inedite stampe devozionali dell’800 gallipolino». pubblicato sullo scorso numero della rivista, ha suscitato un vivo interesse tra i lettori, ma siamo lieti che almeno uno dei commenti si sia tradotto in una nota indirizzata all’autore, Elio Pindinelli dal noto pubblicista Luigi De Tommasi. Ne pubblichiamo pertanto volentieri il testo insieme con la risposta dell’autore lasciando ai lettori ogni valutazione.(Giuseppe Albahari, Direttore de "L'Uomo e il Mare)

Carissimo Pindinelli,

ho letto il tuo articolo sull’icono­grafia dell’800 Gallipolino, incisivo ed interessante come tutti i tuoi scritti.

Esigenza impellente ed imprescindibile di valore storico mi impone di intervenire relativamente all’episodio avvenuto nel 1948 nella nostra Cattedrale, quando si gridò al miracolo per il prodigioso movimento degli occhi della statua della «Madonna dei Fiori». io ero presente, ho visto gli occhi della Madonna muoverssi e lo attesto nella piena consapevolezza di quello che dico.

La descrizione dei fatti, così come li vissi, e sempre vivi e presenti nella mia memoria, con richiami a persone, luoghi ed even­ti può offrirti un quadro realistico di quel che avvenne quasi 42 anni fa.

Mancavano pochi giorni al fatidi­co 1 8 aprile 1948 che - sia detto tra parentesi - salvò l’italia e forse anche l’Europa occidentale da quell’abbraccio di morte del comunismo, come gli avvenimenti ecce­zionali ed imprevedibili di questi giorni stanno confermando. Serata serena e temperatura piacevolmente mite! Erano terminati i comizi, allora molto affollati, e mi aggiravo con amici in piazza Municipio facendo, con trepidazione, previsioni sull’esito delle imminenti ele­zioni. Erano passate le ore 21 e quindi la gente diradava! La Cattedrale era aperta perché il Vescovo aveva autorizzato funzioni e pre­ghiere particolari per impetrare l’intervento della Madonna nella vicenda politica italiana! Ad un tratto avvertiamo un certo movimento: gente che entra e che esce dalla Chiesa! Non ce ne diamo conto! Ma il movimento si fa sempre più consistente; ci inte­ressiamo ed apprendiamo del pro­digio! Entriamo in Cattedrale: una discreta folla si accalcava sotto la statua della Madonna scrutan­done il volto. Il Vescovo - Mons. Nicola Margotta - (1936-1953, successivamente traslato alla diocesi di Brindisi) - sul presbiterio con alcuni canonici, tra cui don Carlo Corvaglia parroco della Cat­tedrale, commentava, anch’egli emozionata, quanto si diceva fosse avvenuto. lo mi accompagnavo con il giovane amico, studente del locale liceo classico, Antonio Solidoro, del Borgo. Non notammo alcun movimento sul volto della Statua, ma molti dei presenti ci assicurarono che effettivamente la statua aveva mosso gli occhi.

L’emozione era grande; molti piangevano!

Augusto Piccinno, dopo aver visto il prodigio, esprimeva, con decisione, il desiderio di portare in processione la statua della Madonna. Incontrammo anche l’Avv. Carlo Milella, oggi Questore, il quale si aggirava, come noi, per la Cattedrale in cerca di notizie sull’accaduto.

Sempre sotto la Statua il gruppo di fedeli, in osservazione! Dopo una mezzoretta di questo nostro indagare, piuttosto scettici su quanto si asseriva essersi verifica­to, io ed il mio amico, decidemmo di andare via, essendo ormai tardi e dovendo raggiungere a piedi il Borgo dove abitavamo. Eravamo, ormai, sul punto di uscire, dalla porta laterale a destra, quando un grido generale - carico di emozione - ci richiamò indietro: le persone che stavano sotto la statua gridavano, con le mani alzate verso la Madonna «Ecco, li sta muovendo (gli occhi)!» Accor­remmo anche noi. Tra le persone facenti parte del gruppo c’era sempre Augusto Piccinno che con gesti perentori e sicuri gridava, con il braccio alzato «Ecco, ecco! La Madonna muove gli occhi». Ci appostammo tra gli osservatori; qualche attimo di pausa e poi fummo toccati anche noi - benché indegnamente - della’ prodigiosa visione del movimento degli occhi della Statua della Madonna dei fiori. Gridai anch’io: «È vero, è vero! La Madonna muove gli oc­chi!» Mi accorsi di essere sudato! Non era cosa da poco! La gioia e l’emozione ci invase.

Questi i fatti!

Ora qualche considerazione di natura psicologica.

Io ed il mio amico lasciavamo la Cattedrale sicuri che il fenomeno era da attribuire a suggestione collettiva!

In quel momento, quindi, eravamo immunizzati contro un’eventua­le coinvolgimento e, pertanto, nelle migliori condizioni di spirito per discernere il vero dalla fantasia. Inoltre, la visione non fu di una o di poche persone ma investì tutti i presenti. Uno o pochi possono suggestionarsi, ma tante persone che sono in osservazione, appare improbabile.

Ognuno - ben s’intende - può credere e può non credere! Io ho esposto quello che vidi 42 anni fa; ho citato testimoni viventi!

Sono certo di non essere rimasto vittima di illusione! Tanto per portare un contributo alla verità storica di un fatto e di un momento su cui molto si è fantasticato e a volte anche malignamente.

E poi perché non ammettere, sia pure per ipotesi, l’intervento del soprannaturale? Non si chiede­va una grazia da nulla, ma la salvaguardia della libertà di un popolo intero, che usciva dalla catastrofe della guerra, e forse dell’intera Europa!!

E non sembri fatto di poco conto, specie dopo quello che abbiamo visto e saputo in questo fine anno 1 989.

Ti saluto cordialmente.

LUIGI DE TOMMASI

Egr. sig. Direttore,

ho ricevuto proprio oggi da parte del dr. Luigi De Tommasi la lettera, che ti accludo, nella quale non ho capito bene se voglia o meno smentire quanto da me scritto nell’ultimo numero de «L ‘uomo e il mare» circa il presunto prodigio del movimento degli occhi della statua della Ma­donna dei fiori in Gallipoli.

Dico così perché il Dr. De Tommasi che mi scrive per confermare l’avvenuto prodiqio, in effetti afferma testualmente: «Io ed il mio amico lasciavamo la Cattedrale sicuri che il fenomeno era da attribuire a suggestione collettiva», salvo a contraddirsi subito dopo scrivendo «sono certo di non essere rimasto vittima di illusione».

Io ho compreso perfettamente il messaggio che tra le righe cerca di lanciare il corrispondente da Brindisi per altro noto ed apprezzato pubblicista collaboratore anche di riviste storiche regionali, sul finire di un anno, il 1989, caratterizzato soprattutto per i sensazionali capovolgimenti politici nell’Est europeo.

Un po’ meno comprendo quella sua preoccupazione di testimoniare, sulla fede personale, di un avvenimento, quello del presunto movimento degli occhi della statua della Madonna, circa il quale a me sembra sia stato, in sede di sintesi storica, riferito il rea/e oggettivo svolgimento dei fatti non basato perciò su convinzioni ideologiche di parte o peggio ancora su sviscerata professione di fede.

Chi scrive, cioè il sottoscritto, è certamente un credente, profondamente convinto che il proprio personale rapporto con la Divinità travalica i meschini confini del sensazionale e che i segni od i messaggi divini verso l’uomo sono leggibili nell’intimo dei cuori più che nella platealità del prodigioso.

Nonostante ciò credo vada qui riaffermato il principio, a me sempre ben presente, che fare storiografia significa in primo luogo sapersi emotivamente distaccare dagli avvenimenti che si intendono trattare, assumendo verso di essi un atteggiamento indagatore circa le cause ed i motivi del loro svolgersi in rapporto all’ambiente ed alle persone.

Per questo ho rimandato al particolare clima in cui si svolse la campagna elettorale del 1948, clima per altro ben noto ed in altra sede ampiamente analizzato da ben altri specialisti Perciò ho evitato, ma non era per altro mio compito farlo, di parlare della strumentale scelta, documentata, di agire sul sentimento religioso delle nostre genti al fine di orientare le coscienze ma ancor più bassamente le preferenze politiche verso quel partito più che verso altri; e ve ne erano di anti-comunisti!

Avrei evidenziato altrimenti coi documenti che per la prima volta veniva esposta in Cattedrale in Aprile la statua della Madonna dei Fiori, in Gallipoli tradizionalmente venerata solo nel mese di Maggio, mentre la Madonna di Finibusterrae pellegrinava per tutto il Salento, Nardò e Gallipol compresi ed in tutt’Italia erano vive le celebrazioni mariane e le processioni solenni, a Boiàno con la Maria Addolorata, a Bovino e a Candela con l’incoronata, a Cittanova con la Madonna dei Poveri e a Gaeta con quella della Civita e a Sora con la Madonna del Canneto, che suscitavano tutte, come scrivevano i giornali alla vigilia della fatidica consultazione elettorale, «un’ondata di santo entusiasmo e un salutare risveglio di fede» ancor più significativo «nel momento attuale della violenza del nemico, che mira a sconvolgere le basi della fede cristiana del popolo italiano».

E assisteva così quel popolo alle prodigiose conversioni di comunisti incalliti o presunti tali mentre Togliatti tuonava da Milano che il Vescovo di Gallipoli recitando le litanie in Cattedrale propagandava il nome dell’on. Co­dacci-Pisanelli «Dunque il vescovo comincia a dire le litanie in questo modo: «chi è il più vicino a Dio? e la folla deve ripetere «l’on. Pisanelli» Il Vescovo continua «chi è l’amico dei lavoratori?» quelli sono costretti a rispondere «l’on. Pisanelli» poi il Vescovo dice «a chi darete il vostro voto il 1 8 Aprile? e la folla dietro «all’on. Pisanelli».

Certo non sarò proprio io a dar fede di verità alle parole elettoralistiche del buon Palmiro, come mi sembra non sia proprio il caso di scomodare un presunto salutare intervento divino in que­ste faccende, che, me lo consenta il dr. De Tommasi,  furono innega­bilmente orientate da meschinissime menti umane.

Anche perché, ragionando di­versamente da così, finiremmo fatalmente col trovare in Cristo un impossibile partigiano della faziosità umana, che fece scrivere, tra le altre tante cose, quel lontano 1948, anche questo:

«se la falce prevarrà

come l’arma di Caino

il fratello ucciderà...

 

Se lo scudo assurgerà

come Cristo dal sepolcro

tutto il mondo esulterà».

 

Una bestemmia certamente, che pur fu benedetta nell’aprile del 1948, non posso credere col beneplacito di Maria.

ELIO PINDINELLI

Querelle pubblicata su: L'Uomo e il mare, A.V, 1989, n.20, Gallipoli.

     

 

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