La Vergine di Bolsena
a Gallipoli, tra culto ed iconografia
Il
particolare culto per la Vergine di Bolsena è attestato a Gallipoli
da tempo immemorabile e ne è testimonianza la chiesetta, un tempo piantata
all’inizio del ponte ligneo che, prima della costruzione del ponte nuovo
in pietra (1603.1607), consentiva
l’ingresso in città periplando ai piedi delle mura scarpate del Rivellino.
Quella chiesetta ha sfidato i marosi e le intemperie.
Il mare, scrisse il can.Francesco D’Elia, “penetrava sotto quella
chiesuccia e tutta la scuoteva quando batteva agitato, senza mai produrle
una lesione”(1). Risulta attestata nella visita pastorale di mons.
Cibo che la descrisse priva di tetto e di altare, ma provvista della
porta di legno con la quale si chiudeva(2). Mons. Capece il 12.7.1600
descrisse quel luogo “copertum tetto cum imbricis desuper absque
pavimentuo cum duabus finestris, unam versus orientem aliam vero versus
occidentem cum januam versus boream cum clave sive licchetto cum quo
claudetur”(3). La cappella era stata però “profanata” ed
interdetta al culto da mons. Herrera con obbligo di celebrare la messa
nella Chiesa Cattedrale di Gallipoli(4).
Nella
visita pastorale di mons. Filomarini, quella stessa chiesetta risultava
di proprietà della confraternita del Canneto ed adibita a botteguccia.
L’altare ed un dipinto raffigurante il martirio della Santa risultavano
trasferiti “intus hanc ecclesiam S.Marie de Canneto” dove
fuit visitatum altare S.Cristine cum Igone ipsius Sancte in tela depicta
de licentia ill.mi Epi a Mag.co Franc. Ant. Cariddi Regio Portolano,
cuius expensis providetur de omnibus necessariis, et ad ornamentum pro
sacrificio Misse, et celebratur festivitas in die dicte Sancte”(5).
Il Portolano Francesco Antonio Cariddi, che fu nel 1702
Priore del SS.mo Sacramento(13), fu evidentemente il committente
di quel dipinto che va assegnato ad un periodo di tempo compreso tra
il 1696 ed il 1715. Mons. Della Lastra non vide ed in conseguenza non
segnalò nella Chiesa del Canneto nè l’altare nè il dipinto di S.Cristina.
La tela, peraltro da me segnalata recentemente(6), raffigura
il martirio di Santa Cristina espunto dalle lezioni tramandateci dal
martirologio del Baronio. L’impostazione
grafica e pittorica del soggetto dipende chiaramente dall’Olindo e Sofronia
di Luca Giordano da Ferrari-Scavizzi(7) censito a Milano nella Collezione
Guglielmo Canessa. Un tema questo trattato per la prima volta dal pittore napoletano per conto dei
Durazzo di Genova e collocato attorno al 1680, assieme al Perseo e Fineo,
nel cosiddetto gabinetto di Giordano. Una replica di questo soggetto
è anche a Burghley House a Londra(8).
Altre repliche conosciute sono quella del De Matteis,
ora presso l’Italian Institute di Londra, e di Nicola Malinconico, nell’attuale
palazzo comunale di Alvito presso Cassino, che fa pendant con un Rinaldo
e Armida anch’esso derivato da un modello di Luca Giordano simile a
quello presente nel Museo di Lione.
Il dipinto di
Gallipoli mutua comunque volti e personaggi noti del repertorio giordanesco.
Il volto della Santa Cristina infatti sembra espunto dal dipinto del
Giordano “Lot e le figlie” del Museo A.Bo di Milano, mentre il
personaggio che si intravede in primo piano di spalle lo ritroviamo
nella Vocazione di S.Matteo della Washington Georgetown University
o nella Predica del Battista di Napoli.
Il dipinto di Gallipoli potrebbe essere, quindi, assegnato
a Nicola Malinconico e tra i suoi primissimi lavori eseguiti in Gallipoli.
Non va peraltro sottaciuto il fatto che lo stesso Malinconico eseguì
poco prima della sua morte il S.Sebastiano in Cattedrale che mutua appunto
la stessa narrazione compositiva dell’Olindo e Sofronia.
Una bella stampa litografica, edita nel 1867 dai fratelli
Doyen di Torino, su disegno di Luigi Consiglio, fu tratta dal soggetto
gallipolino del martirio di Santa Cristina. Da quella stampa
deriva, ma ne è in verità copia letterale,
il bozzetto segnalato dall’amico Aldo de Bernart ed attribuito
al gallipolino Andrea Stefanelli(9).
Il De Lucrezi vide sicuramente il dipinto di S.Cristina
nella chiesa del Canneto al quale sicuramente fece riferimento nel creare
la bella statua in cartapesta commissionatagli nel 1867.
Tale evidente dipendenza è stata ulteriormente evidenziata
al termine del restauro della statua che ha messo in risalto l’origionario
colore biondo dei capelli della Santa ed il roseo incarnato del volto
giordanesco. Anche se nella sintesi iconografica e simbolica il cartapestaio
leccese ha sostituito al ramo di palmizio un irrituale ed insignificante cespo fiorito nella
mano dell’angelo glorificante la gloria del martirio di Santa Cristina.
La statua di S.Cristina
La statua della Santa fu frutto di rinnovata popolare
devozione promossa dalla Confraternita della Purità e dal Padre spirituale
di quella laica fratellanza, il can.Serafino Consiglio(10), che lasciò
manoscritto un libretto di memorie, conosciuto per uno stralcio pubblicato
nel 1955 dalle di lui nipoti, Suor Maria e Catarina Consiglio(11). Tali
memorie risultano oggi fondamentali, a parte il brevissimo cenno che
ne fece il can.Francesco D’Elia(12), per ricostruire le vicende relative
alla rinascita della venerazione della santa e alla costruzione della
statua in cartapesta.
![](cristinadipinto.jpg) |
![](cristinafoto.jpg) |
N.
Malinconico, Martirio di S.Cristina |
A.
De Lucrezi, Staua di S.Cristina |
Notizie
ricavate dal taccuino personale del Can. Consiglio:
“ Il 24 ottobre 1865 per la prima volta ad istanza del
popolo e dei Fratelli della Purità, fu installata la devozione e la
Festa di S.Cristina, ed in detto giorno che fu la vigilia di Natale,
professarono 28 fratelli, e vi fu Messa in musica.
Essendo Padre Rettore della Purità, infervorai detti
fratelli alla antica devozione di S.Cristina ed alle mie esortazioni
indussero a fare ogni anno la festa di S.Cristina; che poi scoppiato
il colera e per detta Santa spentosi il morbo, fu solennizzata con più
pompa, anche col consenso dell’intera città, la Congrega però chiese
al Municipio l’antica Cappella di S.Cristina, e vi fece un altare, e
si mantenne perpetuo culto.
Il 20 febbraio 1867 scoppiò il colera in Gallipoli che
durò nei mesi di febbraio, marzo, aprile, maggio, giugno, luglio, molti
attaccati, morti in tutto 164.
Nell’epoca del colera, grande devozione a S.Cristina,
triduo e festa fuori al Canneto. Quarant’ore in Quaresima e sepolcro
in detta Chiesa.
In luglio dettoi anno giunge la Statua di S.Cristina,
grande festa e processione.
Il 22 luglio 1867 giunse da Lecce la statua di S.Cristina,
a’ 23 detto mese fu benedetta nella Cattedrale e si fece una gran festa
con musica Panegirico e Processione, vi fu nel vespro del 24 l’esposizione
del SS.mo nella Cappella del Canneto in forma di Quarant’ore e si chiuse
la festa con fuochi banda ed altro.
La statua fu pagata da vari divoti Gallipolini, alla
bara furono offerti D(ucati) 50.
Il colera cessò il primo giorno del triduo della festa
di S.Cristina cioè 20 luglio 1867”.
La statua risulta commissionata al noto cartapestaio
leccese Achille De Lucrezi del quale il can. D’Elia lasciò il seguente
ricordo: “ Quel simpatico vecchietto, quale è oggi Achille De Lucrezis
di lecce, quel tipo di vero artista, quale fu sempre quel plasmatore
in cartapesta di crocefissi di un tipo tutto suo, e che sono ammirati
e venerati in tutta Europa e nelle Americhe, lavorò molto per Gallipoli
e con plauso nei suoi primi anni di vita artistica, ed il simulacro
di S.Cristina fu un suo lavoro di felicissima interpretazione”(13).
Ma al fine di ricostruire documentalmente le vicende
di questa statua ci soccorre un foglio a stampa che la cortesia dell’amico
Giorgino Valerio mi ha messo a disposizione(14).
Esso fu concepito e stampato nel 1891, quando ancora
infuriava la lacerante disputa che contrappose la Confraternita della
Purità alla categoria dei facchini, infervorata dalle utopiche idee
del nascente socialismo massimalista e costituitasi in Società cooperativa
l’anno prima(15).
Su tale vicenda così scrisse Carlo Massa: “ Alla Congregazione...
fino a quando credevano di
star peggio(16).
In quel 1891 nella disputa entrò anche, purtroppo, il
simulacro di Santa Cristina che volevasi strappare al legittimo possesso
della Confraternita. Nel citato foglietto a stampa veniva affermato
che “nell’anno 1867 essendo del tutto stata liberata la nostra città
dal fiero morbo asiatico, cholera, che infestava la nostra provincia,
a proposta del fu D.Serafino Can. Consiglio si decise di far la statua
a S.a Cristina V. e M. Bolsennese, che in quel tremendo flagello erasi
mostrata vera protettrice di Gallipoli. Il Sig.Giuseppe Rosetti col
suo subalterno Francesco Rima furono i primi ad offrirsi per l’esecuzione
dell’opera a prprie spese, però inserendovi sul piedistallo la seguente
epigrafe “ADIVOZOONE DI GIUSEPPE ROSETTI E FRANCESCO RIMA”. Il popolo
unanimemente dissaprovò questo loro parere, e fatto subitamente venire
il maestro Achille De Lucrezis da Lecce diè la commissione del simulacro
contribuendo largamente come si rileva dal sottoscritto elenco.
La statua fu ben eseguita e nel 1868 venne trasportata
in Gallipoli, ove dalle mani della deputazione composta dal popolo nella
persona dei Sigg. Emanuele Solidoro, Giacomo Pugliese, Gaetano Urso,
Giovanni Frisenna, venne consegnata al Maestro De Lucrezis la somma
di docati 80, che corrispondono a L.340, ed il luogo che fu scelto per
la chiusura del contratto, fu il magazzino del Sig. Giovanni Frisenna
sito in Via S.Agata (ora trattoria)...Nello stesso anno 1868 per la
prima volta si solennizzò la festa in onore della Santa, e dopo dal
medesimo D.Serafino Consiglio, che si trovava allora Padre spirituale
della Congrega dei facchini, venne deciso di portarla nella Chiesa della
Purità col solo ed unico obbligo di tenerla in deposito e celebrar la
festa quando si fosse sciolta la deputazione costituita”.
Questo l’elenco degli oblatori:
D.Serafino Can. Consiglio |
L.
25,50 |
Pasquale Piro |
L.
5,10 |
Emmanuele Solidoro |
L.25,50 |
Giovanni Piro |
L. 5,10 |
Teobaldo D’Agostino |
L.25,50 |
Giuseppe Abate |
L.
5,10 |
Giuseppe Abate |
L.25,50 |
Cosimo Greco |
L.
5,10 |
Vitantonio De Vita |
L.10,20 |
Sebastiano Tricarico |
L.
5,10 |
Giovanni Frisenna |
L.10,20 |
Pantaleo Tricarico |
L.
5,10 |
Marino Pedone
|
L.10,20 |
Francesco Tricarico |
L.
5,10 |
Concetto Pepe |
L.10,20 |
D.Vito Massa |
L.
2,55 |
Pantaleo Sogliano |
L.10,20 |
D.Matteo Tafuri |
L.
2,55 |
Enrico Corciulo |
L.10,20 |
Enrico Corciulo |
L.2,55 |
Pantaleo Greco |
L.10,20 |
Giacinto Pugliese |
L.
2,55 |
Tommaso
Urso |
L.10,20 |
Giuseppe
Mandorlino(alias Ricchiuto) |
L.
2,55 |
Gaetano
Urso |
L.10,20 |
Emmanuele
Cataldi del fu Gennaro |
L.
2,55 |
Abramo
Franza |
L.10,20 |
Cosimo
Solidoro |
L.
2,55 |
Salvatore
Magno |
L.10,20 |
Cosimo
Monaco |
L.
1,00 |
Pantaleo
Magno |
L.10,20 |
Antonio
Rizzello |
L.
1,00 |
Liborio
Sergi |
L.10,20 |
|
|
Gianbattista
Casole |
L.
5,10 |
|
|
IL RESTAURO
RELAZIONE TECNICA DI RESTAURO
L’opera
si presentava completamente ridipinta.
La preliminare ricerca delle cromie originali con saggi
di pulitura ha evidenziato la stratificazione di tre diverse stesure
di colore, l’ultima delle quali effettuata nel 1962, dopo un incidente
avvenuto durante una processione quando la statua, urtando contro un
tenditore d’acciaio, fu tranciata rovinosamente. La rimozione del primo
strato ha permesso di constatare il pessimo stato di conservazione dell’opera
che risultava, infatti, spezzata in più parti (testa, busto, braccia,
polsi, dita, base) e risaldata con collanti, stucchi e, spesso, con
la totale ricostruzione della cartapesta.
Anche l’albero alle spalle della Santa e l’angioletto
sul suo capo presentavano gravissime lacune poi reintegrate; il cagnolino
ai suoi piedi, realizzato in terracotta, era un riassemblaggio di dodici
pezzi.
La pulitura è proseguita con la rimozione di stucco superfluo
ed i restanti strati di colore stesi sull’originale utilizzando miscela
solvente idonea applicata ad impacchi e rifinendo poi a tampone e bisturi.
La rimozione di queste ridipinture ha rilevato cromie
originali brillanti e luminose come il viso della Santa incorniciato
dai capelli biondi, o la cura nei dettagli come sul vestito dove sono
comparse rose dorate, o i calzari azzurri della Santa e, ancora, la
bordura del manto e della veste realizzata a larghe fasce di foglia
argento e foglia oro e, infine, la base in legno dove l’integra doratura
era celata da diversi strati di smalto marrone e poi nero. L’opera è
stata quindi disinfestata e consolidata.
Sono poi state ripristinate le lacune con stucco a base
di gesso e colla; durante questa operazione si è asportata la cartapesta
aggiunta nel restauro del 1962 per reintegrare la base dell’albero,
sostituendola con sughero analogo a quello che costituiva la materia
originale dello stesso.
Le fasi finali sono state quelle del ritocco pittorico
e della verniciatura di protezione.
Restauratore: Valerio Giorgino
NOTE
1) F.D’Elia, Antichità della Cappella di
S.Cristina in Gallipoli, Tip. Sociale, Gallipoli 1913, p.5.
2) Visita locale di mons. Cybo, trascrizione, Ms., p.78.
3) Visita locale di mons. Capece, trascrizione, Ms.,
p.30
4) IBIDEM
5) ACVG, Visita locale di Mons. Filomarini, 26.8.1715,
cit., c.290r.. Circa la chiesetta di S.Cristina ed il trasporto dell'antico
altare e del quadro nella Chiesa del Canneto il vescovo Filomarini annotò:"Possidet
(confraternitas) Altare S.Cristine quamdam domum sitam prope
fronte huius civitatis vulgo dictam Sanctam Cristinam, prius erat ecclesia
cum altare, et icone dicte Sancte que cum fuerit pluribus de causis
interdicta fuit transalatum altare, et icon dicte Sancte intus hanc
ecclesiam S.Marie de Canneto, ut supra diximus, et sic dicta domus remansit
profana, et ad presens locatur, et pensio quolibet anno expenditur in
beneficium dicti altaris"., c.292v.
6) E.PINDINELLI, Di alcuni dipinti nella Chiesa
del Canneto di Gallipoli, In: Studi in onore di Aldo De Bernart, Galatina,
Congedo ed.,1998, pp.179-186.
7) Cfr.O.FERRARI-G.SCAVIZZI, Luca Giordano, Ed.Scient.italiane,
Napoli, 1966, vol.II, p.97; vol.III, fig.176.
8) Per il dipinto di "Olindo e Sofronia" dei
Durazzo di Genova e oggi nel palazzo reale della stessa città cfr.O.FERRARI-G.SCAVIZZI,
Luca Giordano, op.cit., vol.II, p.97 (Cheda); vol.III, fig.176.
9) Sulla stampa e sull'autore del disegno cfr.E.PINDINELLI,
Iconografia Historica, In "L'uomo e il mare", a.V n.19,
pp.8-12; Confraternita della Purità, Calendario 1997 (a
cura di E.PINDINELLI), Gallipoli, tip.Pacella, 1997.
10) Figlio di Fulvio, nacque a Gallipoli il 15.6.1833
e morì il 12 luglio 1878 “di
malattia di cuore per forte paura quando fu perquisita la sua stanza
dal delegato Catone Caudemante
e da Carabinieri, attaccandola insieme con suo fratello maggiore Luigi
come clericali e non s’ingannarono ma settari mai”, come è annotato
sul retro del ritratto conservato nella Sacrestia della Confraternita
della Purità.
11) Notizie ricavate dal taccuino personale del Can.don
Serafino Consiglio fu Fulvio, a cura delle nipoti Suor Maria Rosa e Caterina Consiglio
fu Luigi in De Belvis, Gallipoli, Tip. Stefanelli, 1955.
12) F.D’Elia, Antichità della Cappella di
S.Cristina in Gallipoli, cit, p.6. “Ma veniamo a dire delle vicende di quell’edificio(La chiesetta
di S.Cristina). Esso fu restituito al culto, come molti devono ricordare,
nel 1867, in tempo che il colera infieriva nell’ex Regno di Napoli e
molte vittime faceva anche nella nostra Provincia. Io non so dire come
e da chi fosse venuta l’idea di invocare la protezione di Santa Cristina
contro quel flagello, e di invocarla proprio in quell’edificio che era
tenuto ad uso profano, anzichè nell’altare dedicata alla Santa, chè
nella vicina Chiesa del Canneto. Ricordo però che in pochi giorni il
nome della Santa fu sulle bocche e nei cuori di tutti i Gallipolini,
e che ad istanza della Confraternita, capitanata dal suo padre rettore
il fu don Serafino Consiglio, la chiesuccia di S.Cristina fu dal Comune
ceduta alla Confraternita con l’obbligo che questa pagasse, come puntualmente
da 32 anni già paga, il canone di L.21,25 al can. Primicerio, dovuto
dallo stesso Comune per enfiteusi su tutto il terreno denominato Largo
del Canneto e Giudeca. Ricordo pure l’entusiasmo col quale in pochi
giorni fu quella cappella purgata e ribenedetta, fornita di altare e
di arredi per la celebrazione delle messe; e ricordo l’entusiastico
plauso che riscosse l’artista Achille De Lucrezis quando presentò la
statua della Santa che gli era stata commessa”.
13) IDEM, p.7
14) Santa Cristina ed il Popolo Gallipolino, foglio volante, Tip. Stefanelli
& C., 1891
15) Cfr. “Spartaco”, 27.4.1890 “L’agitazione dei facchini”
e 13.7.1890 “L’antica camorra nella classe dei facchini”
16) C.MASSA, La Confraternita della Purità e il facchinaggio
degli olii, ora in E.PINDINELLI (a cura), Frantoi ipogei. Commercio e produzione dell’olio
d’oliva a Gallipoli, Alezio, 1998, pp.59-61
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