Tipi, tipografi e tipografie in Gallipoli
di Elio
Pindinelli
Solo
per un labile sospetto si assegna a Gallipoli il battesimo della stampa
aI 1711 con una Orazione in morte
dell’imperatore Giuseppe d’Austria, recitata dal De Angelis nella
Cattedrale Chiesa di 5. Agata. Sospetto che difficilmente potrà essere
confermato documentalmente, pur non potendosi escludere la possibilità
che qualche foglio sia stato qui stampato, magari con quello stesso torchio
circolante che il chierico Mazzei aveva usato in Otranto il 1706 per
pubblicare il Metodo della Santa Visita di Mons. D’Aste.
In Gallipoli, è vero, si trasferì attorno aI 1730,
il tipografo leccese Oronzo Chiriatti ma, per quanto ci è dato di documentare,
per esercitare l’arte di argentiere e doratore. Qronzo si sa è il padre
di Giuseppe, noto musicista gallipolino nato il 1732.
Le carte di quest’ultimo, e presumibilmente anche quelle
del padre suo, erano ancora disponibili fino a mezzo secolo fa nel villino
aletino della prof. Pugliese, ma sventuratamente andate distrutte in un
incendio che risparmiò solo il ritratto di Giuseppe, ora nel museo comunale.
Quelle carte, che nessuno ha avuto cura di consultare,
forse avrebbero potuto meglio chiarire il senso del trasferimento di
Oronzo da Lecce in Gallipoli, dopo circa 15 anni di instancabile attività
tipografica, proseguita poi con passione e maggiore fortuna dal nipote
suo Domenico Viverito.
Per risalire perciò alle origini dell’introduzione
stabile in Gallipoli dell’arte della stampa fa mestieri giungere al XIX
secolo, quando cioè il 1867 Antonio Del Vecchio, titolare dal 1858 di
una officina tipografica in Lecce, impianta al borgo una tipografia, che
affida alle cure del Iucerino Emanuele Luciani coniugato a Lecce ma qui
residente. La necessità dei tempi moderni avevano reso necessaria la presenza
del torchio tipografico nei centri più importanti del salento e sembra
costante l’iniziativa profusa da tutti i tipografi leccesi di stabilire
la propria prsenza soprattutto nei capoluoghi di Circondano.
Taranto aveva avuto la sua prima tipografia solo il
1865 e a Brindisi lo stesso Antonio Del Vecchio terrà sia pure per un
anno, la Tipografia del Porto dopo il fallimento
dell’esperimento operato in società con F. Capozza.
Certo Lecce, dopo l’avvenuta unificazion italiana,
vede la presenza di numerosi tipografi operanti in decine di officine
e stabilit~nenti tipografici, vere e proprie fucine di nuove maestranze
cui saranno affidati compiti pionieristici nel campo della diffusione
dell’arte tipografica in provincia.
Il primo libretto, per quanto io conosca, stampato
in Gallipoli il 1867 all’insegna di Tipografia
del Gallo al Borgo, contiene il rapporto compilato dall’in~ Macor
per la Ferrovia Lecce-Gallipoli-Galatina, che il De Simone assegna al
Del Vecchio, pur errando nel datarne l’attività tra il 1869 ed il 1870.
Lo stesso anno veniva pubblicata, e questa volta con
la chiara sottoscrizione del tipografo Antonio Del Vecchio, la Narrazione e breve ragionamento dei fatti che
hanno prodotto, accompagnato e seguito la sospensione dalle funzioni di
Sindaco in questa Città nella persona di Francesco Massa.
In tutte e due le stampe, ma vi è traccia certa anche
della pubblicazione delle delibera adottata dal Consiglio comunale sullo
stesso argomento, l’Amministrazione comunale è la committente, confermando,
ancora una volta, nell’Ente pubblico la fonte delle risorse per l’impianto
e la sopravvivenza delle tipografie, in attesa che si facesse strada nel
privato quell’uso della stampa generalizzato e quasi massificato dopo
appena qualche decennio.
Un ultimo fascicoletto conosco, perché conservato in
archivio storico comunale, edito il 1868 a cura dello stesso Municipio
di Gallipoli e contenente il nuovo regolamento edilizio approvato dal
consiglio comunale il 21/8/1868.
Fino all’anno successivo non sembra contrastata la
presenza della Tipografia Del Vecchio in Gallipoli, dove forse avrebbe
avuto modo di bene operare ed affermarsi soprattutto per la presenza del
Luciani, che si dimostrerà l’anima e l’operoso realizzatore di tutte le
opere edite in Gallipoli daI 1867 al 1891, per rimanere alle sole certamente
documentabili.
Proveniente da Brindisi, dopo la disastrosa esperienza
fatta nelle tipografia del suocero Francesco Cap9zza e del socio suo Antonio
Del Vecchio, il triestino Carlo Polli aveva avanzato domanda, il 1868
al Sindaco di Gallipoli, di essere soccorso nell’impresa di aprire in
città una nuova tipografia stabile, dichiarandosi disponibile ad istruire
gratuitamente nell’arte quattro giovani gallipolini che ne avessero espresso
la volontà.
La domanda minacciava certamente gli interessi innegabili
di Del Vecchio, il quale non perdé tempo ad avanzare altra richiesta conforme
a quella del Polli e fortemente motivata dal fatto che, se un qualche
aiuto economico si pensava potesse essere deliberato dal Comune a favore
dell’impiato di una tipografia, a maggior ragione sarebbe apparso giustificato
se erogato a favore di quella già operante da 2 anni ed in piena attività.
Ma i favori del consiglio Comunale cadranno fatalmente
su di un’offerta, precipitosamente fatta pervenire qualche mese dopo
al Sindaco, magari premurosamente sollecitata, della Tipografia Garibaldi
di Lecce di proprietà di Flascassovitti & Simone, che prevedeva tra
le altre l’allettante proposta di intitolare “Municipale”
la novella tipografia.
Con delibera infatti del 13 agosto 1869 il Consiglio
comunale aveva accolto l’offerta della Garibaldi, con obbligo di impiantare
la tipografia sotto la proposta denominazione di Municipale, di provvederla
di torchio alla milanese nonché di svariati caratteri delle migliori
fonderie e di tenerla in esercizio per almeno cinque anni.
Da parte sua il Comune di Gallipoli garantiva ai gerenti
un sussidio di L.500 ed un prestito gratuito dello stesso importo, con
restituzione della metà in conto stampati ed il restante da scomputarsi
a rate annuali di L.100.
Metteva inoltre a disposizione il comune, gratuitamente,
i locali appositamente presi in affitto da Carlo Balsamo su Via 5. Angelo
(attuale ufficio anagrafico comunale), mentre, da parte loro i tipografi
si impegnavano ad istruire all’arte tipografica e di legatoria 4 giovani
segnalati dalla direzione delle scuole ginnasiali e tecniche (tra i quali
mi è caro qui ricordare mio nonno paterno Francesco Pindinelli, che fu
provetto legatore e richiesto forse quanto i leccesi per la cura e la
bellezza che metteva nelle incisioni delle preziose legature) nonché di
accettare entro 8 giorni l’incarico, completando in conseguenza l’impianto
entro il mese di ottobre di quell’anno.
Il manifesto, affisso per la città il 14 novembre successivo
e con il quale si avvisava il pubblico delle determinazioni municipali,
stampato dalla novella Tipografia
Municipale, è in assoluto il primo atto a stampa uscito da quel torchio,
conservato oggi in archivio storico comunale.
La nascita delle nuova tipgrafia aveva determinato
certamente la chiusura di quella di Antonio Del Vecchio che dovette operare
sporadicamente e, stando alle informazioni del De Simone, fino al 1870.
Di fatto era già céssata il 1872, anno in cui ritrovo
tipografo addetto alla Municipale
Emanuele Luciani, che si avvaleva dell’opera di un altro tipografo
Domenico Botti sotto la direzione di Alessandro Simone, comproprietario
col Frascassovitti della tipografia, ma residente a Lecce.
Certo gli inizi della nuova esperienza non dovettero
essere esaltanti sotto il profilo economico essendoci state difficoltà
serie circa l’approvvigionamento di carta che esponeva i proprietari
ad anticipi di capitale, evidentemente non alla portata delle loro tasche.
Una perizia, firmata il 6/2/1873 da E. Barba e Carlo
R. Massa circa lo stato delle tipografia, evidenziava infatti la carenza
di qualche cassa di caratteri “caramoncino”
e di un certo qual assortimento di fregi per i frontespizi, nonché
la constatazione cha a causa “dei
cilindri duri ed ineguali” alcuni caratteri, soprattutto i “filosofici ed i ciceroniani”, sembravano logori o come si suoi dire
stanchi.
Nella perizia si lamentava anche la mancanza del deposito
di carta e
soprattutto
la carenza di personale tra cui un apprendista che rimpiazzasse il giovane
Cosimo Schirinzi, che già cominciava a comporre discretamente.
Insomma rilievi che mettevano in difficoltà la proprietà,
che non sembrò affatto interessata ad investire ulteriore denaro.
Di fronte alle ferme rimostranze della Giunta Municipale,
il 6/2/1 873 tipografi e proprietari dovettero addivenire ad un accordo
in conseguenza del quale i tipografi accettavano di prendere in affitto
la tipografia pagando un canone di L. 34 mensili, mentre Alessandro Simone,
per la proprietà nominava proprio rappresentarlte e quindi mandatario
E. Luciani. Si impegnavano inoltre i tipografi a rifornire la tipografia
dei caratteri occorrenti, giusta la relazione di perizia Barba-Massa,
mentre il Comune, per agevolare i nuovi gerenti, la provvedeva di carta
per L. 500 e la favoriva con un prestito in conto stampati di L. 200.
In cambio si concordava l’assunzione ed il salario
fino al 31/1 2/1 874 di 2 apprendisti gallipolini, i germani Schirinzi,
divenuti abili compositori dopo un lungo periodo di apprendistato.
Maturava intanto la decisione di fare carico alla Amministrazione
comunale dell’acquisto della tipografia che, formalizzato con il contratto
rogato presso la segreteria comunale il 20/12/1874, prevedeva una spesa
a carico del bilancio comunale di L. 3200.
Con delibera del Consiglio comunale del 31/3/1 875,
al Luciani veniva affidata quindi la nuova gestione con contratto di
affitto quinquennale e con l’onere anche dell’affitto del locale.
La gestione rimase in potere di E. Luciani anche alla
scadenza del contratto che, scaduto il 1880, fu ulteriormente rinnovato
fino al 1890, anno in cui suo malgrado la tipogrfia entrò nel vortice
delle dure lotte politiche divenendo appetita da tutti e due gli opposti
schieramenti che all’epoca si davano battaglia: il senapista ed il democratico.
La tipografia messa in vendita nel tentativo forse
del Segretario comunale dell’epoca, Alberto Consiglio grande oppositore
della sinistra, di assicurarla definitivamente nèlle mani dei Luciani,
fu invece acquistata da Giovanni Coppola che dal 1887 dirigeva, essendone
anche il proprietario, il battagliero settimanale Spartaco.
Tali vicende, che non sto qui ad approfondire per comprensibili
ragioni di spazio e meritando un’attenzione a parte, sono le ultime che
determinarono la fine della Municipale di Gallipoli, dalle cui ceneri
sorgerà la nuova “Tipografia Galllpolina”
dei Coppola, che ebbe sede in Piazza Mercato (attuale piazza della
Repubblica) ed usò il torchio alla milanese che il Simone aveva portato
il 1869 in Gallipoli.
Attraverso l’opera ma soprattutto l’esperienza dei
Luciani, maturata in Gallipoli, in oltre 20 anni, sorse anche la nuova
“Tipografia di Gaetano Stefanelli” che
era stato un buon legatore di libri e che con l’appoggio incondizionato,
e certamente interessato del gruppo “democratico”,
era riuscito a creare solide basi per un’utile attività.
Diretta dallo stesso Luciani, la tipografia ebbe sede
in Via Ospedale Vecchio fino al 1902, anno in cui si trasferì negli attuali
locali comunali occupati oggi dal nipote suo, il quale ultimo ha saputo
con commovente costanza, mantenendone il nome, prolungarne la memoria
oltre il traguardo del centennio cercando tenacemente di amplificare
nel tempo una tradizione tipografica certamente degna di essere rammentata,
anche se essa, per logore ormai e stanche vicende, ci avverte dei malinconico
serrarsi del sipario che implacabile si chiude sull’ultima scena.
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