Torri litoranee e controlli doganali in Terra d’Otranto

di Elio Pindinelli

Sempre più intensa quanto proficua va dimostrandosi l’attività pubblicistica e di ricerca finalizzata a tracciare una mappa la più completa possibile, in termini di recupero della memoria storica e di salvaguardia ambientale ed architettonica, di quella complessa rete di sorveglianza ed avvistamento costiero scandita lungo tutto il litorale salentino, dall’estremo confine brindisino sull’adriatico a quello tarantino sullo ionio, dalle torri litoranee.

Esse hanno rappresentato da sempre una componente tradizionale nel panorama delle coste del Salento e costituiscono oggi non solo una sempre più rara (purtroppo) nota architettonica di pregio ed ambientale rilevantissima ma sottolineano, nella loro regolare sequenza, l’antica sentita esigenza di sicurezza collettiva da temuti nemici esterni provenienti dal mare, cui inaridiva il cuore, non tocco da pietà cristiana, crudeltà corsara ed odio barbaresco.Tecnicamente parlando le torri litoranee furono opere strutturalmente modeste nelle dimensioni, adibite esclusivamente nei secoli scorsi alla sorveglianza militare delle coste infestate dai pirati e contraddistinte sotto il profilo architettonico da diversità tipologiche corrispondenti a diversi modi di concepire, ai tini della sua efficacia, la tecnica della difesa d’unita a quella di segnalazione in un contesto ambientale naturalmente esposto, perché affacciantesi sul mediterraneo, alle ricorrenti attenzioninon certo benevole e disinteressate dei pirati saraceni e barbareschi.

Tutto il litorale perciò andò Yia via assumendo un aspetto fortificato attraverso la realizzazione di veri e propri fortini localizzati in modo da dominare gli approdi più probabili e ancor più i siti più prossimi a fonti d’acqua e di approvvigionamento, integrandosi in una complessa rete di avvistamento al fine di propagare l’allarme, in presenza di improvvise sortite di pirati invasori, col maggiore anticipo possibile.

A tracciarne la loro storia e ad individuarne i siti hanno egregiamente contribuito, con saggi divenuti ormai dei classici, Onofrio Pasanisi e Padre Primaldo Coco le cui informazioni Vittorio Faglia nel 1 978 ha tenuto presenti insieme ad una nutritissima bibliografia nel suo «Censimento delle torri costiere nella Provincia di Terra d’Otranto», puntuale e metodologicamente affidabile lavoro di ricognizione finalizzato al loro riuso, condotto in collaborazione con Fernando Bruno, Gabriello Losso ed Arnaldo Manuele. Fresco di stampa è ora il bel volume edito, coi tipi della Congedo di Galatina, da Giovanni Cosi indefesso ricercatore presso l’archivio di Stato di Lecce, il quale ci fornisce attraverso 81 succose schede ulteriore prezioso materiale archivistico di primissima mano ad integrazione, divenendone a sua volta sicuro punto di riferimento, di numerosi studi sull’argomento fin qui pubblicati, dei quali, nella preziosa introduzione che lo precede, fa debita menzione Mario Cazzato, puntuale per i precisi riferimenti bibliografici quanto esemplare per la concretezza e rara capacità di linguaggio reso in termini di apprezzabile sintesi storica.

A definire la mappa storica delle Torri litoranee perciò, nel filone dei saggi citati, si vuole collocare questo nostro intervento alla luce di un interessante documento proveniente dalle disperse carte Staiano­Palmentola di Gallipoli redatto certamente sulla scorta di documenti ufficiali allo scopo forse di delineare una sorta di inventano degli approdi di mare in relazione al servizio di sorveglianza marittima, di cui con estrema precisione sono annotati personale e mezzi utilizzati, con definizione dello stesso territorio di competenza.

Un documento compilato certamente tra il 1 826 e la fine degli anni ‘30 sulla scorta del «decreto organico dell’Amministrazione de’ dazi indiretti de’ reali domini di qua del Faro» del 1 3 Aprile 1 826 che stabiliva, con riferimento alla legge organica del 10.12.1817, competenze proprie in ambito territoriale del controllo doganale lungo i litorali al cui servizio erano state destinate 4 golette, scorridoje, castaudelle e gozzl.

L’art. 2 infatti ridefiniva la classificazione adottata con la legge del 1817 in 3 classi delle dogane, e riconfermava nella prima «di importazione, di esportazione e di cabotaggio» (con una riduzione a 14 luoghi contro i precedenti 26) Taranto, Gallipoli e Brindisi, collocando nella seconda «di esportazione e cabotaggio» Otranto, ed infine nella terza «di cabotaggo» 5. Cataldo e Porto di Villanova.

Che nell’ambito dei controlli doganali le torri litoranee fossero state utilizzate quali strutture logistiche è dato acquisito ed utilizzato soprattutto dal Faglia sulla scorta di un inedito «Stato delle torri Marittime» presso l’Archivio di Stato cli Napoli che ci segnala al 1 842 34 torri ancora in uso a tale scopo, 1 3 in abbandono, altre 1 3 andate distrutte e solo 2, quella di 5. Vito ceduta all’artiglieria e quella di Punta Rondinella al Genio, destinate ad altro uso.

Il nostro documento pertanto assume una importanza notevole non solo sotto l’aspetto della documentazione circa l’organizzazione territo­riale dei controlli marittimi in Terra d’Otranto ma soprattutto perché costituisce fonte di prima mano circa lo stato della loro conservazione strutturale, dato ancor più rilevante se riferito, come nel caso delle torri del Fiume e Tarantello, a strutture delle quali fino a ieri si era perduta anche la memoria storica.

In conclusione un elenco non sterile di 82 torri, delle quali ben 45 presidiate o «armate» come meglio è precisato, la cui sequenza lungo il litorale di Terra d’Otrando scandiva a vista un controllo territoriale efficientissimo lungo il confine marittimo non più tormentato per le crudeli scorrerie piratesche’ eppur vigile sulle ampie distese di mare contro notturni clandestini sbarchi... di contrabbandieri.

ELIO PINDINELLI

     

 

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