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Le mappe

Aree e zonizzazione dell'intervento

Progetto di perequazione


Prime osservazioni alla
"Variante al PRG per la ridefinizione del sistema dei servizi e delle norme"
Adottata con Deliberazione di Consiglio Comunale n. 117 del 26.11.2001

Gennaio 2002


Gli studi propedeutici alla Variante di Piano Regolatore Generale, adottata dall'Amministrazione Comunale di Padova il 26 novembre 2001, risultano di estremo interesse per conoscere lo stato di fatto del nostro territorio, mentre la Relazione introduttiva enuncia alcuni principi metodologici innovativi e sostanzialmente condivisibili (integrazione tra ecologia e territorio, perequazione urbana, maggiore operatività degli strumenti urbanistici). Il problema è che tra le premesse metodologiche e le concrete scelte di piano vi è aperto contrasto, dovuto probabilmente alle molte "integrazioni" e modifiche effettuate dall'Amministrazione rispetto all'impostazione originaria della Variante, presentata nel giugno 1997 dai consulenti Giuseppe Campos Venuti e Federico Oliva.
Ma procediamo con ordine.

Emergenza ambientale a Padova.
Gli studi preliminari, riassunti nella Relazione introduttiva al piano, descrivono con molto realismo e con dovizia di cifre una situazione urbana e territoriale decisamente allarmante.

Le indagini suddividono la città in due grandi ambiti, costituiti dal territorio urbano (tessuti edificati ad alta densità: 4.351 ha), che ha quasi raggiunto il 50 % dell'intera superficie territoriale del Comune, e territorio extraurbano (5.154 ha) in gran parte caratterizzato dal sistema agricolo ambientale (3.465 ha), che però rappresenta appena il 43 % dell'intero territorio comunale.
Nell'ambito del territorio urbano le infrastrutture per la mobilità, che "… impermeabilizzano molta superficie e determinano alti inquinamenti chimici, acustici e paesaggistici" (Relazione, pag. 30), occupano ben 637 ha, pari al 15 % dell'area urbana.
Sempre in quest'ambito le aree con rapporti di impermeabilizzazione superiori al 50 % (alta ed altissima impermeabilizzazione) rappresentano il 78 % del totale dell'area urbana (3.395 ha su 4.351 ha), mentre quelle con rapporti di impermeabilizzazione inferiori al 50 % (media e bassa) rappresentano soltanto il 22 % del totale dell'area urbana (Relazione, pag. 38). Giustamente la Relazione sottolinea come la ridotta permeabilità dei suoli nell'area urbana comporta non solo effetti gravemente negativi sull'ambiente e sul microclima cittadino, ma anche un sovraccarico della rete fognaria (per la quale, com'è noto, non esiste ancora un adeguato sistema di depurazione) ed un estremamente ridotto apporto di acque meteoriche alle falde acquifere.
Il verde urbano realmente e liberamente fruibile ammonta solamente a 432 ha, pari a circa il 4,5 % del territorio comunale; ma soprattutto - evidenzia la Relazione - le aree verdi presenti non sono inserite in un sistema unitario, in grado di potenziarne le valenze ecologiche e fruitive. "Le uniche sottili linee di continuità del verde (potenziali più che realmente fruibili) sono rappresentate dalle fasce delle mura e, nel territorio extraurbano, dalle fasce fluviali" (Relazione, pag. 33).

Non meno critica di quella urbana è la situazione del territorio periurbano. I "cunei verdi" previsti dal vecchio Piano Regolatore di Piccinato del 1956, che aveva prefigurato per Padova - in sintonia con le esperienze urbanistiche più avanzate dell'epoca - uno schema di città stellare, "… sono stati occupati ed in alcuni casi sono quasi completamente saturi", in quanto "oggetto di continue trasformazioni parziali che rischiano di comprometterne la presenza e il ruolo di penetrazioni, pause verdi nella città densa". Sempre la Relazione di Piano sottolinea come il territorio extraurbano agricolo (una fondamentale potenziale risorsa per un organismo urbano più equilibrato) sia sempre più "… aggredito dalla diffusione di insediamenti, prevalentemente residenziali, ma anche commerciali - artigianali e/o industriali, sparsi nella campagna, localizzati prevalentemente a ridosso delle aste di collegamento, che tendono a saldarsi creando conurbazioni complesse o stringhe di urbanizzazione continue. Le infrastrutture di trasporto su gomma, in particolare la viabilità di scorrimento e gli svicoli attrezzati, occupano una sempre più consistente percentuale di territorio e sono causa di spreco, marginalizzazione, frattura, impatto ambientale negativo" (Relazione, pag. 29).

Le conclusioni delle indagini sullo stato di fatto non lasciano adito a dubbi. Il modello di "città diffusa" seguito da Padova (con indici di incremento dell'urbanizzazione dei suoli assai più elevati di quelli relativi allo sviluppo demografico e produttivo della città) "… ha scaricato sul territorio e sull'ambiente la crescita economico - produttiva e sociale degli ultimi venti anni, con gravi conseguenze nello spreco e nel consumo di territorio, sull'assetto ecologico e ambientale della città e del territorio, sul precario assetto del sistema infrastrutturale (viabilità, ma anche reti tecnologiche ed ambientali) e dei servizi alla collettività" (Relazione, pag. 31).

Le scelte di piano: un inno all'incoerenza
Se questa è la situazione della nostra città, non vi è dubbio che obiettivo fondamentale della Variante dovrebbe essere quello di proporre interventi di recupero e riqualificazione urbana ecologicamente sostenibili, decentrando in ambito comprensoriale eventuali nuovi insediamenti (in sintonia peraltro con le tendenze demografiche in atto) ed evitando ogni ulteriore urbanizzazione e cementificazione del territorio urbano e periurbano a fini edificatori e/o infrastrutturali.

A supporto di questa ipotesi di riequilibrio territoriale vi sono peraltro gli indirizzi e le proposte del PTP - Piano Territoriale Provinciale, adottato nel 1994, che prevede la formazione di un sistema urbano metropolitano policentrico (comprendente i 16 comuni dell'area centrale padovana), nel quale al contenimento di ogni ulteriore espansione della città capoluogo fa riscontro il potenziamento di alcuni centri di corona (o città intercomunali), serviti da efficienti sistemi di trasporto pubblico e caratterizzati dalla presenza di servizi di area vasta e spazi di aggregazione sociale.
Questo modello di sviluppo territoriale - concentrando residenze e servizi in alcuni poli esterni alla città capoluogo - consente, nelle previsioni del PTP, una effettiva salvaguardia delle residue risorse ambientali ed in particolare la formazione attorno a Padova - soprattutto attraverso la tutela e la valorizzazione degli ambiti agricoli residuali, spesso di alto valore naturalistico e paesaggistico - di una estesa cintura verde, di circa 8.900 ha, con cunei di penetrazione interni alla città, essenziali per gli equilibri ecologici dell'organismo urbano e per conferire forma ed identità alle periferie (così come numerose esperienze europee dell'ultimo decennio - si pensi in particolare al "GruenGuertel" di Francoforte - possono con tutta evidenza dimostrare).
Alla cintura verde periurbana ("sistema delle tangenziali verdi di Padova") il PTP attribuisce importanti "… funzioni di componente attiva nel processo di riqualificazione del sistema insediativo dell'area padovana", prevedendo in particolare "la tutela delle risorse residue dell'ambiente" e "la tutela e la promozione delle attività agricole per fini economici e sociali, riconoscendo all'agricoltura un ruolo essenziale nella salvaguardia del territorio e nel miglioramento della qualità ambientale" (art. 51 della Norme).
Sempre il PTP richiede al Comune di Padova un vero e proprio "progetto di riqualificazione delle aree agricole periurbane", fondato sul sostegno dell'attività agricola orientata verso tecniche agronomiche più rispettose degli ecosistemi, del paesaggio agrario e dell'ambiente in genere. In queste aree il PTP richiede che l'uso del suolo sia limitato all'attività agricola e alle attività di servizio ambientale, con possibilità di esercitare attività multiple (agricolo - ricreative, agricolo - artigianali, agricolo - commerciali, …), purché sia esplicitamente dimostrata la loro necessità economica e sociale e sia garantita la compatibilità con i caratteri del territorio agricolo, "… evitando ulteriori impegni per funzioni residenziali non legate all'agricoltura" od alle attività integrative connesse.

Purtroppo la Variante adottata, contraddicendo clamorosamente le analisi e le enunciazioni di principio delle premesse, va in direzione esattamente opposta. Perdendo completamente di vista la dimensione comprensoriale delle problematiche territoriali di Padova (un organismo urbano che comprende oggi circa 400.000 abitanti), la Variante dichiara di voler promuovere la realizzazione di nuovi insediamenti residenziali e commerciali, in ambito urbano ed extraurbano, per invertire la tendenza in atto da oltre vent'anni al decremento demografico (dai 242.186 abitanti del 1976 ai 209.641 del 2000). Per consentire un aumento di popolazione di circa 27.500 abitanti, la Variante prevede dunque complessivamente un incremento di cubatura di oltre 2.500.000 mc, che si sommano alla capacità insediativa del PRG vigente stimata in 1.440.000 mc circa.
Una quantità di mc impressionante (a cui corrisponde un territorio di circa 9.473.940 mq), giustificata con parametri e calcoli di alta ingegneria statistica, che dovrebbe però fare i conti con alcune semplici (troppo ingenue?) domande. Ammesso e non concesso che sia opportuno incrementare la popolazione di Padova, perché si ritiene necessario un così elevato incremento edilizio se l'obiettivo finale corrisponde ad un numero di abitanti (237.207) comunque inferiore a quello dei residenti in città nel 1976 (242.186) ? Possibile che la soluzione non possa essere individuata in un più razionale utilizzo dell'edilizia esistente e nelle residue capacità insediative del PRG vigente ?

Da questa scelta di fondo - assolutamente non condivisibile - la Variante fa discendere la localizzazione e gli indici delle zone di perequazione urbana; localizzazioni ed indici che - basti osservare le planimetrie di piano - oltre a configurare una definitiva saturazione di tutti i cunei verdi e di gran parte degli ambiti naturalistici ancora presenti nel nostro territorio periurbano (spesso in aperto contrasto con le stesse indicazioni del Piano Territoriale Provinciale), neppure corrispondono a quelli originariamente proposti dai consulenti che hanno effettuato gli studi preliminari e definito l'impostazione metodologica del piano.
Basterà infatti rileggersi la Relazione predisposta nel giugno 1997 da Giuseppe Campos Venuti e Federico Oliva, per scoprire che nella proposta originaria si prevedevano due sole tipologie di comparti di perequazione:
- la prima riguardava tutti gli ambiti interni all'area urbana centrale e consentiva un indice massimo di perequazione It pari a 0,35 mc/mq;
- la seconda riguardava gli ambiti esterni all'area centrale e consentiva un indice massimo di perequazione It pari a 0,2 mc/mq.
Per le aree con valore ambientale e paesaggistico, localizzate soprattutto in prossimità dei corsi d'acqua e delle maglie della struttura ecologica territoriale (tra le quali ad esempio quella del Parco del Basso Isonzo) si proponeva invece l'assimilazione alle "zone E 3 di tutela agricola", sottoponendole quindi al rispetto delle relative norme di salvaguardia ambientale e paesaggistica.
Complessivamente, nel progetto Campos Venuti - Oliva, le aree da sottoporre a regime di trasformazione perequativa avrebbero dovuto consentire una cubatura massima di 1.266.207 mc, con una capacità insediativa teorica di 6.331 abitanti.

Nella Variante adottata gli indici inizialmente proposti sono stati completamente stravolti, con conseguente pesante incremento dell'edificabilità.
La Variante prevede 4 diverse tipologie di perequazione urbana:
- le zone di perequazione urbana interne al tessuto edificato, con potenzialità edificatoria di 0,5 mc/mq (per un totale di 197.828 mq e di 98.914 mc),
- le zone di "perequazione strutturale" in aree esterne, con potenzialità edificatoria di 0,3 mc/mq (per un totale di 2.313.789 mq e di 694.137 mc);
- le zone di "perequazione integrata", sempre in aree esterne al centro edificato, ma nell'ambito delle quali è prevista anche l'edilizia residenziale pubblica, con doppio indice di edificabilità: 0,35 mc/mq per l'edilizia non convenzionata; 1 mc/mq per l'edilizia sovvenzionata o convenzionata (per un totale di 1.424.763 mq e di 926.096 mc);
- le zone di "perequazione ambientale", interessanti gli ambiti con forte valenza naturalistica e paesaggistica, con potenzialità edificatoria di 0,15 mc/mq (per un totale di 1.564.011 mq e di 234.602 mc).

Nella nuova capacità insediativa prevista dalla Variante (sempre in aggiunta a quella residua del PRG vigente) vanno inoltre ricomprese le "zone di tutela dello stato di fatto" (con un indice di edificabilità di 2 mc/mq, per un volume complessivo di 208.972 mc) e nuove zone residenziali (per un volume complessivo di 334.197 mc). La Variante riconferma inoltre le previsioni insediative di cui alla "Variante per il riassetto urbanistico - ambientale del Quadrante Est" (gennaio 1999) ed all'Accordo di Programma PD Est del giugno 2001 (Ikea).

Il risultato di questa radicale "rivisitazione" degli indici di perequazione e del dimensionamento complessivo del piano è che - osservando le "ipotesi planivolumetriche" allegate alla Variante - gli spazi di verde che dovranno essere ceduti al Comune, pur di notevole estensione, anziché configurare un organico sistema di spazi di uso pubblico tra loro strettamente connessi ed integrati, essendo per lo più circondati dai nuovi complessi edilizi, appaiono quasi sempre luoghi destinati ad una fruizione prevalentemente privata da parte dei nuovi residenti.
Questa nuova dotazione di "verde pubblico", utile certo per il rispetto degli standard previsti dalle norme urbanistiche e ad incrementare - anche sotto l'aspetto economico - il valore delle nuove costruzioni, ma di fatto poco rispondente alla finalità - pur dichiarata - di costruzione di un sistema continuo del verde urbano e di corridoi ecologici, non giustifica dunque - a nostro avviso - la sistematica distruzione degli ambiti agricoli oggi ancora presenti nel territorio periurbano della nostra città, le cui valenze ecologiche e paesaggistiche ben furono messe in evidenza dalle ricerche effettuate dall'Assessorato all'Urbanistica e dal gruppo Abrami nel 1985 (si veda in particolare la pubblicazione "Ambiente e paesaggio a Padova" edita quell'anno dal Comune di Padova in occasione di una mostra e di un Convegno che ebbero risonanza nazionale).

Gli studi di Abrami, in parte recepiti nella Variante al territorio periurbano del 1998, prevedevano la formazione di importanti parchi urbani, fluviali e territoriali e di numerosi parchi rurali, che dovevano costituire i polmoni del sistema del verde della nostra città. Le previsioni della Variante adottata in novembre dall'attuale Amministrazione Comunale, se approvate, ne comprometteranno definitivamente ed irrimediabilmente la realizzazione.

Alcuni casi emblematici
Tra i casi più emblematici di un disastro ambientale annunciato vi è quello riguardante la vasta area del Basso Isonzo, che secondo il Piano Territoriale Provinciale dovrebbe divenire parte integrante del futuro Parco del Bacchiglione e che a tal fine era stata appositamente perimetrata dalla Variante al PRG del 1988 e sottoposta a particolare normativa di tutela. La presente Variante cancella completamente tale destinazione e tale normativa speciale e inserisce parte dell'area (da sempre soggetta a vincolo d'inedificabilità) alle norme della perequazione, sia pure con indice 0,15 mc/mq, e parte a verde attrezzato per impianti sportivi.

Nel disegno di piano si coglie peraltro un particolare francamente scandaloso. A fianco degli insediamenti sportivi di una società privata (le cui attività più redditizie stanno però divenendo quelle connesse alla discoteca, che opera in orario notturno sino alle 3 - 4 del mattino) è stato infatti previsto (con grafia che lascia intendere una giustapposizione dell'ultimo momento) un enorme parcheggio. Ora va ricordato che detto parcheggio è stato di fatto già costruito un anno fa in contrasto con le attuali normative e che per questa ragione l'area è stata sequestrata dal giudice, che ha istruito un processo per abuso edilizio contro la società. L'inserimento dell'ultimo momento tende dunque a sottrarre i privati al giudizio del giudice. Non solo. Togliendo la destinazione a parco per tutta l'area sarà anche possibile - nelle aree ora semplicemente destinate a "verde pubblico attrezzato" - la costruzione di nuove obbrobriose costruzioni camuffate da impianti sportivi, al di fuori di qualsiasi progetto unitario di riqualificazione dell'area (imposto dalla precedente normativa) e verranno anche a decadere i vincoli ad esempio esistenti per il rumore (particolarmente severi per le aree destinate a parco) fornendo alla società pretesti ulteriori per continuare a svolgere attività di spettacolo e musica amplificata all'aperto per tutta la stagione estiva.

Un altro ambito particolarmente critico sotto l'aspetto ambientale é quello costituito dalle aree poste tra via delle Cave ed il canale Brentella, oggi ancora a prevalente uso agricolo, sottoposte al disegno della perequazione (integrata con aree destinate ad edilizia residenziale pubblica) con un indice volumetrico decisamente troppo elevato. Si tratta in realtà di un'area di grandi dimensioni, di elevato valore ambientale e paesaggistico, attraversata dall'antica strada Pelosa; un'area che negli studi di Abrami sul territorio periurbano veniva destinata a parco rurale in quanto "... notevoli qui ancora sono le sistemazioni tradizionali dei terreni" ed in ragione della presenza di numerose significative testimonianze di edilizia rurale, censite nell'elenco dei beni architettonici minori da salvaguardare. La destinazione a parco rurale di tutta l'area trovava inoltre motivazione e potenziale sostegno operativo nella presenza in aree limitrofe della scuola Professionale "San Benedetto da Norcia", con serre, vivai, orticolture e bachicolture.
Il Parco rurale, nella proposta di Abrami, "... evidenzia problematiche di conservazione dell'assetto del paesaggio e delle attività agricole presenti attualmente sul territorio. Alla sua costituzione, alle normative e agli incentivi previsti, va legata in particolare, oltre alla conservazione delle case rurali e degli annessi tipici, quella della rete di strade rurali, dei sentieri e delle capezzagne, dei fossi e delle scoline, delle siepi vive, delle capitozze e dei filari alberati, delle baulature dei terreni, delle concimazioni organiche e di tipi colturali, quali le piantate, i vigneti a "cassone", i "broli" e gli alberi da frutta sparsi, e così via."
Si tratta di una proposta valida per molte delle aree del territorio periurbano, la cui integrità viene oggi minacciata dalle previsioni della nuova Variante al PRG. Nel caso del Parco rurale proposto in corrispondenza di via Pelosa si deve però aggiungere il fatto che la sua stretta connessione con il canale Brentella, lo rende elemento fondamentale per consentire il collegamento dei due fondamentali sistemi ecologici di Padova (quello del Brenta a nord e quello del Bacchiglione a sud) e quindi per la formazione di quel più complesso ed articolato sistema del verde urbano e periurbano, immaginato da Abrami prima e da Gambino in anni più recenti, necessario per ridefinire i confini e l'immagine della città.

Analoghe considerazioni vanno fatte per le aree comprese tra via Canestrini e via Forcellini e per l'Isola di Terranegra, dove gli studi di Abrami ed il Piano Territoriale Provinciale prevedevano la formazione di un importante Parco Territoriale, che "... potrebbe diventare una barriera verde fra città e zona industriale e allo stesso tempo presentare attrezzature turistiche e centri d'interesse di ampio richiamo". Dagli studi effettuati risulta infatti che questa è forse, nell'ambito del territorio comunale, la zona più ricca di potenzialità storico-naturali (il corso meandriforme del Roncajette) ed è caratterizzata da un territorio rurale ancora sostanzialmente integro nelle sue dimensioni attorno al nucleo di Terranegra.

Conclusioni
Per quanto sopra esposto con la presente si chiede che :
1. - Venga ripristinata la precedente perimetrazione di tutta l'area del "Basso Isonzo" a parco urbano, per il quale si richiede un progetto unitario di sistemazione ambientale, stabilendo nel contempo precisi vincoli di salvaguardia che impediscano l'insediamento di strutture ed attività incompatibili;
2. Venga eliminata ogni previsione di nuova edificabilità nelle aree che il Piano Territoriale Provinciale del 1994 ha individuato quali "Ecosistemi con buone capacità di recupero naturalistico", "Parchi territoriali o aree protette provinciali o comunali" od inserite nel "Sistema delle tangenziali verdi di Padova" ("cintura verde periurbana");
3. Vengano adottati, per le "aree di perequazione", gli indici massimi di edificabilità inizialmente previsti dai consulenti Campos Venuti e Oliva: pari a 0,35 mc/mq per gli ambiti interni all'area urbana centrale ed a 0,2 mc/mq per gli ambiti esterni all'area centrale.

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