RSG - SPORT

Intervista a Francesco Guidolin, un tecnico spesso criticato
"Amo Sacchi e Bagnoli. Lo spirito è la nostra forza"


La rivincita del maestrino
"Bologna è il mio Tourmalet"
Quinto posto, il sogno Uefa, la passione per la bici


di GIANNI MURA
BOLOGNA - Guidolin, lei ha un sogno?
"Sì: essere Gianni Mura una volta l'anno, in luglio".

Se lo scrivo rischia di passare per uno che s'arruffiana.
" Scriva pure, ho le spalle grosse. M'hanno già dato del pretone, del piangina, del maestrino".

Definizioni in cui non si riconosce, ovviamente.
"Esatto. Ma evidentemente è anche colpa mia: non riesco a trasmettere quello che sono. Oppure è colpa dello stress da panchina, ma sto migliorando. Adesso non metto più i cerotti sulle unghie per evitare di mangiarmele la domenica. E' anche merito della bicicletta, è una grande valvola di scarico".

Per questo vorrebbe andare al Tour?
"Ci sono già andato, quando mi scaricò l'Udinese. E un'altra volta. Ho scalato il Tourmalet, mi sono fermato a Sainte Marie de Campan come Christophe, ho fatto l'Aspin, ma anche l'Alpe d'Huez in salita e in discesa, e l'Izoard. Sul Tourmalet c'erano i camper parcheggiati a dieci km alla cima tre giorni prima della corsa. Su quelle strade provo sensazioni profondissime. Mi piacerebbe raccontarle".

Da dove nasce questo amore per il ciclismo?
"Io sono nato a Castelfranco Veneto, è una zona di ciclisti. La passione me l'ha passata mio padre. Per me ciclismo è la tv in bianco e nero, la frase "sole cocente sui Pirenei", l'ho immaginato per anni questo sole, poi l'ho provato. E' Dancelli che piange a Sanremo, il mondiale di Adorni a Imola, le scalate di Battaglin, che è pure il fabbricante delle bici che ho avuto negli ultimi anni. Adesso ne ho un'altra che mi ha regalato Ernesto Colnago".

Per chi ha tifato?
"Merckx, Moser, Bugno, Pantani. Ma anche Rebellin, che è delle mia parti, Bartoli, Simoni. Non tifo per uno in particolare. Degli stranieri mi piacciono molto Museeuw, Zabel e Armstrong, che ci ha saputo raccontare una bellissima favola. E' pulito?".

Credo di sì, spero di sì, ma nell'ambiente potrebbe ricevere una risposta diversa.
"Io ho una grande nostalgia dei campioni che duravano da marzo a ottobre".

Anch'io, ma lei quando ha cominciato a pedalare sul serio?
"Sui 30 anni, quando ho smesso di giocare. Mi considero un buon ciclista amatore e a 50 anni vorrei essere il miglior cinquantenne al mondo. Intanto ritocco i miei limiti: i 27 km del Grappa in 1. 20'".

Sul Mortirolo c'è stato?
"No, ma mi risulta che sia più duro lo Zoncolan, in Carnia. Si sale da Ovaro, si scende su Sutrio: ci sono almeno 6 km con pendenza fra il 16 e il 18%. E' l'unica montagna che mi ha sconfitto. Ho messo i piedi a terra, avevo il 39x23, sarebbe servito il 25".

A me va benissimo parlare di ciclismo, ma prima o poi passiamo al calcio.
"Sì, ma intanto ne vuole sapere un'altra? Ho ancora da parte una lettera per Laurent Fignon, mai spedita. Ricorda quando perse all'ultima tappa il Tour per 8" da Lemond? La più gran beffa sportiva degli ultimi 30 anni. Ci rimasi malissimo, come fosse toccato a un parente. Mi piaceva, Fignon, lo vedevo come una specie di uomo nuovo. Colto, spiritoso, coraggioso. Allora ero al primo anno su una panchina da professionista, a Treviso".

Come ha cominciato ad allenare ?
"Partendo dalle giovanili del Giorgione di Castelfranco. Andavamo in trasferta fino a Fano, coi pullmini. Uno lo guidavo io. Prendevo 1.400mila al mese, ero felice".

E prima com'era diventato calciatore?
"Potevo scegliere. Ero il classico ragazzo di buona famiglia, agiata. I miei avevano un'attività nel ramo alimentare, un grande negozio - laboratorio di gastronomia, ci lavoravano in 15. Ma non mi vedevo a fare il commerciante. Ho fatto lo scientifico e mi sono iscritto a Medicina. Ma intanto mi aveva ingaggiato il Verona di Valcareggi. Abitavo a Castelfranco, studiavo a Padova, mi allenavo a Verona. Sono rimasto iscritto 4 anni, dando anche qualche esame, poi ho smesso".

L'allenatore Guidolin farebbe giocare la mezzala Guidolin?
"Mai e poi mai. Ero un 10 senza carattere, fine e molle. Non ero trainante. Potevo dare di più".

Eppure risulta che Bagnoli abbia detto: perché mi avete preso Dirceu, che ho già Guidolin?
"L'ha detto davvero. Lo ricordo con affetto, Bagnoli. Tutti gli altri tecnici che ho avuto ci insegnavano a subire, a ballare, a retrocedere. Con lui, poche parole ma chiare. Si giocava sempre per vincere".

Crede di aver preso qualcosa da lui?
"Spero di sì. So di aver preso molto da Sacchi. Ho cercato di insegnare un calcio che non conoscevo, tutto l'opposto di quello che giocavo io. L'aggressività, la mentalità, l'intensità. Con Sacchi c'è stata una vera rivoluzione culturale, non basata sulla furbizia ma sul maggior lavoro. Ci sono stati arricchimenti, discussioni".

Fin troppe.
"L'errore è quando si screditano le idee degli altri. A un certo punto chi non era sacchiano era considerato un vecchio arnese. Mai pensato di essere più bravo di un collega che gioca col libero staccato. Chi cerca qualcosa di nuovo non offende automaticamente il passato".

Che tipo di giocatore le piaceva, agli inizi?
"Gli universali: Cruyff, Tardelli, Neeskens, Boniek. E i grandi numeri 10: Platini, Zico, Overath, Netzer. Ma il più grande di tutti per me è stato Van Basten, più grande anche di Maradona".

Se oggi avesse alle spalle i capitali di un Real o di un Manchester, chi comprerebbe?Bastano tre nomi.
"Nesta, Roy Keane e Rivaldo".

E' stato osservato che il Chievo - rivelazione ha sempre lo stesso assetto, al massimo si scambiano Eriberto e
Manfredini, mentre lei il Bologna continua a cambiarlo.
"E' vero, un po' per necessità ma molto perché ci credo. Ho la fortuna di avere molti giocatori duttili. Ho lasciato la difesa a 4 per quella a 3, posso giocare con una punta più uno o due trequartisti. A giocatori come Pecchia, Zauli, Nervo posso chiedere di cambiare ruolo da una domenica all'altra, ma anche nella stessa gara. Se lo fa il basket, lo può fare il calcio. Certo, bisogna allenarsi molto, non s'improvvisa nulla".

C'è qualcosa che non le piace di questo calcio?
"Le solite cose: il clima avvelenato, le esasperazioni, il tirare a fregare gli altri con le proteste".

Anche lei si agita parecchio, in panchina.
"Lo so, non riesco a contemplare seraficamente il gioco. Agitandomi in continuazione mi sembra di aiutare i miei giocatori, a costo di apparire ridicolo".

Avete 35 punti: adesso comincia il bello o il difficile?
"Il difficile che possiamo far diventare bello. Dipende da noi. Per mancanza d'intelligenza e d'altruismo già l'anno scorso abbiamo buttato via un campionato che poteva essere bello come questo. Se sappiamo restare gruppo, o branco, all'Europa possiamo pensare. Per Bologna, si tratta di tornare a un posto che era suo, parla la storia. Finirà pure l'emergenza".

Che tempi di recupero?
"Pochi giorni per Signori, un mese per Cipriani, due per Locatelli, più di due per Macellari".

E intanto cresce Brighi.
"Uno splendido ragazzo, impegnato nel sociale, il figlio che tutti vorremmo avere. E ha il dono di essere sempre in mezzo al gioco".

Ci sono partite che il Bologna non meritava di perdere?
"Con l'Inter a San Siro".

E che non meritava di vincere?
"Col Brescia in casa".

Che tipo di allenatore pensa di essere?
"Uno che cerca il dialogo ma sa mantenere le distanze. Uno che vive troppo intensamente il lavoro e spera di staccare al momento giusto. Uno a cui piace sentirsi amato dalla gente".

Dov'è la bellezza?
"Anche nello spirito di questo Bologna. Ha visto l'allenamento: un campione come Signori ha l'entusiasmo di un esordiente. Non basta avere agonisti e cursori, è il grande calciatore che fa saltare il banco. L'evoluzione tattica e atletica ha fatto dimenticare la tecnica, è un calcio più soffocato. Forse per dargli fiato basterebbe fissare il fuorigioco all'altezza dell'area di rigore".

Rimpianti per non essere altrove?
"Nel '97 ho avuto contatti con Moratti e Cragnotti. Se avessi mai potuto spiegare a Berlusconi il mio gioco, penso che mi avrebbe chiamato al Milan. Ma sto bene anche qui: il miracolo - Chievo ci ha consentito di arrivare a fari spenti, a ruota. Il guaio sarebbe pensare allo sprint, adesso. Abbiamo altre salite da superare, invece".

(15 febbraio 2002)


A Catania azzurri distratti e fischiati dal pubblico
poi, nella ripresa, decide un gol di Del Piero


L'Italia soffre un tempo
prima di battere gli Usa

CATANIA - Il più arrabbiato alla fine è Trapattoni che sbotta: "Qualcuno ha preso la partita in maniera troppo amichevole, e questo non è giusto". Non sarà giusto, ma va così e per battere i tutt'altro che eccezionali Stati Uniti, gli azzurri devono aspettare un gol di Del Piero nel secondo tempo. Sino a quel momento la Nazionale fatica, gioca poco e male. Gli esperimenti del Trap si fanno sentire, ma in realtà la colpa è solo parzialmente dei nuovi (da Asta a Di Vaio) ma di un atteggiamento agonistico tutt'altro che entusiasmante. E il pubblico di Catania, che prima del via, aveva applaudito Totti e soci fischia. E fischia di brutto.

E il ct tra l'altro può ringraziare uno svagato arbitro maltese incapace di cogliere un evidente fallo di Zambrotta nell'azione del gol vincente di Del Piero. Ma l'errore del direttore di gara isolano Attard, che non si accorge dello spintone dato da Zambrotta ad O'Brien, regala solo un postpartita meno accidentato al tecnico azzurro.

Il primo tempo è un autentico calvario per gli azzurri, irrisi dagli avversari e mai in grado di offrire un'emozione ai 30 mila del Cibali. Il pubblico catanese è arrivato allo stadio per festeggiare e dunque non ha nessuna voglia di mettersi a disapprovare. Tollera paziente i primi stop sbagliati, gli appoggi imprecisi e l'inesistenza di un'azione azzurra per oltre mezz'ora.

Una fetta consistente di partita in cui il massimo in chiave azzurra è offerto da qualche accelerazione di Asta sulla fascia destra: davvero poco, anche perchè dall'altra parte c'è una squadra che gioca bene la palla a terra, cerca l'azione combinata ed arriva anche al tiro con una certa frequenza.

E se al 7' su appoggio all'indietro di Zanetti è uno scivolone di Materazzi a caricare al tiro Donovan, con palla che va a sbattere sul palo, al 24' l'azione Usa è da applausi a scena aperta: partecipano almeno in sei, prima che la palla arrivi a Reyna. Il suo tiro è alto, ma il pubblico apprezza.

Come pure al 35' su tiro 'a giro' di Donovan che sfiora il palo. La pazienza dei catanesi si esaurisce qui, e non è un caso che i primi fischi per gli azzurri scattino (al 36') quando Totti sbaglia in maniera grossolana un lancio per Di Vaio.

Nella ripresa Trapattoni è coerente con i propositi della vigilia e con il manuale Cencelli del campionato (tutti hanno diritto a vedere gli avversari affaticarsi un po'): regala così spazio ad un attacco tutto nuovo con Del Piero e Marazzina al posto di Di Vaio e Vieri. Alle loro spalle Doni rileva Totti, mentre a destra Zambrotta subentra ad Asta.

E' Del Piero a scuotere il pubblico al 5' con il pezzo migliore del suo repertorio: finta a rientrare e tiro di destro, ma Friedel respinge con i pugni. Al 10' Reyna ci prova su punizione, Toldo è attento. La manovra azzurra scorre comunque un pò meglio, e prende coraggio persino Coco, disastroso nel primo tempo: al 10' l'ex milanista scende bene sulla sinistra, sul suo cross Del Piero è anticipato di un soffio.

Lo juventino dimostra buona disposizione: al 17' lancia bene Doni, che di testa colpisce fiacco. Un minuto dopo Del Piero va in gol: Zambrotta ruba, nel senso pieno del termine, la palla a Regis e lancia in profondità Marazzina, bravo a girare al centro: lo juventino piomba bene sul pallone e mette in rete di piatto destro.

Il pubblico comincia a fare la ola, e non è detto che sia un buon segno: forse la gara è così brutta che tanto vale distrarsi un pò. Anche perchè a concentrarsi si rischia lo sconforto: un tiraccio di Stewart manda la palla in curva al 24' ed al 26' sbaglia anche Del Piero: dopo doppio scambio con Marazzina, non trova l'appoggio giusto per l'esordiente. Kirovski calcia non troppo alta una punizione al 37'. Ci prova ancora Del Piero su punizione al 43' ma la palla è fuori. Ai 30 mila del Cibali non importa, applaudono lo stesso: ma a loro, da tanti anni fuori dal giro del grande calcio, forse basta essere venuti fin qui.

ITALIA-USA 1-0
ITALIA: Toldo; Cannavaro (36' st Sartor), Materazzi, Iuliano; Asta (1' st Zambrotta), Tommasi (30' st Gattuso), Zanetti, Coco; Totti (1' st Doni); Vieri (1' st Marazzina), Di Vaio (1' st Del Piero). In panchina: Buffon, Sartor, Bonera, Tacchinardi, Pessotto, Di Livio. Commissario tecnico: Trapattoni

USA: Friedel; Agoos, Berhalter, Regis; Armas, O'Brien, Reyna (34' st Lewis), Sanneh (14' st Hejduk), Stewart; Donovan (22' st Wolff), Moore (33' st Kirovski). In panchina: Keller, Jones, Mastroeni. Commissario tecnico: Arena.

ARBITRO: Attard (Malta)

RETI: 17' st Del Piero

NOTE: serata mite, terreno in buone condizioni, spettatori 25.493 per un incasso di 302.702,00 euro. Ammoniti: Materazzi e Gattuso. Angoli 4-0 per l'Italia

(13 febbraio 2002)


Continua ad allontanarsi il rientro in squadra dell'attaccante
L'Inter precisa: "Prima penserà a noi, poi alla Nazionale"


Ronaldo, un altro stop
in campo a metà marzo
Il brasiliano: "Non posso più sbagliare"


di ANDREA SORRENTINO
MILANO - Appuntamento alle idi di marzo. Solo intorno alla metà del prossimo mese, infatti, Ronaldo lascerà Rio de Janeiro per tornare in Italia: non prima del 10 marzo, più probabilmente verso il 15. L'obiettivo di massima, salvo complicazioni, è un rientro in campo di prestigio: il 24 marzo in Inter-Roma. Ma visti i precedenti è lecito il dubbio: i rientri a singhiozzo degli ultimi mesi, con sprazzi e gol del vero Ronaldo alternati a infortuni piccoli e grandi - tuttavia talmente frequenti da creare seri imbarazzi al giocatore stesso e all'Inter - impongono cautela.

Di sicuro per ora c'è che il giocatore rimarrà a Rio de Janeiro almeno per altri venti giorni, nonostante il suo ritorno fosse stato fissato in un primo momento per l'11 febbraio (era partito il 3) e in seguito rimandato a data da destinarsi. Ieri Ronie è stato visitato dal professor Combi, medico sociale dell'Inter, che ha stilato un programma di recupero. Tra poco tornerà a Rio anche il preparatore Claudio Gaudino, mentre il giocatore continua a lavorare nella clinica specializzata del suo amico Nilton Petrone: due sedute giornaliere, per un totale di cinque ore.

Il suo manager, Rodrigo Paiva, ci dice: "In Italia date troppo risalto a questa storia del Carnevale, sembra che Ronie sia qui per divertirsi e invece è un professionista serio. L'altro giorno è andato per un'ora al sambodromo con la sua famiglia (anche per ottemperare ad un accordo con uno sponsor, ndr) e nessuno lo ha fotografato con i suoi parenti, invece sono uscite foto con Edmundo, che tra l'altro non è neanche suo amico[85] Ronaldo è qui a Rio per lavorare, lavorare duramente e basta. Si rende conto anche lui della situazione. Mi ha detto: "Ormai non posso più sbagliare"".

E' proprio questo il punto. Ronaldo non può più sbagliare, ossia non deve più forzare il rientro in campo. Ne va del suo futuro all'Inter ma soprattutto e di conseguenza, della sua partecipazione ai mondiali: questione di prestigio personale ma anche, non è un mistero, di cospicui contratti con gli sponsor. La Nike ad esempio sta lanciando una nuova scarpa con Ronaldo testimonial e senza di lui sarebbe tutto un altro lanciare[85] Ed è umano che Ronaldo si ponga come obiettivo principale nella sua stagione la convocazione per i mondiali, più che il finale di campionato con l'Inter. Ma dai suoi progressi in maglia nerazzurra dipende tutto il resto. Così il Fenomeno vuole riconsegnarsi nelle mani di Cuper in condizioni perfette; per questo si sta "nascondendo" al caldo di Rio, evitando le pressioni di stampa e tifosi che condizionano inevitabilmente il giocatore. Lui vuole lavorare in solitudine, a casa sua, senza avere la tentazione di allenarsi con i compagni di squadra, forzando i tempi come è accaduto a dicembre (quando gli furono imposte, sbagliando, ben quattro partite in 14 giorni e infatti a Piacenza ci fu l'ennesimo infortunio) o a gennaio, periodo a cui risale l'ultimo stop, in allenamento a Palma di Maiorca.

Ronie ha lasciato a Milano la moglie Milene e il figlio Ronald, troppo piccolo per viaggiare in continuazione sulla rotta Milano-Rio, e continua ad allenarsi. Scongiurata l'ipotesi di un rientro in Colombia-Brasile del 7 marzo (l'amichevole è stata annullata), l'Inter tiene a precisare che "in ogni caso Ronaldo tornerà a giocare prima nell'Inter e poi nel Brasile". La società nerazzurra fa sapere che i rapporti con la federazione brasiliana ora sono buoni, non ci saranno attriti. Domani il ct Scolari parlerà con Cuper e l'argomento è scontato: Ronaldo. A Cuper la permanenza prolungata del giocatore in Brasile non piace affatto, ma lui e Scolari dovranno aspettare: Ronaldo non può più sbagliare e tutti dovranno aiutarlo. Ma fino a quando?

(14 febbraio 2002)


Il presidente del club veronese aspetta un segnale
dal tecnico: "Dica se parte, così lo sostituiremo"


Chievo, Campedelli ha fretta
"Del Neri, decidi presto"


ROMA - Luigi Del Neri lo ha sempre detto: è ambizioso e desidera mettersi alla prova alla guida di una grande. Il Chievo una grande non lo è dunque Del Neri, con ogni probabilità, andrà via. Forse, è la voce più insistente, al Parma. Il presidente del club, Luca Campedelli, non ha intenzione di ostacolarlo ma chiede una decisione rapida. L'Harry Potter veronese è a Roma per partecipare stasera a "Carramba" e di Del Neri dice: "Non posso confermarlo. C'è stato un primo 'abboccamento' però è presto per dire se andrà via o resterà. Sarà il campo a dire se è pronto per una grande squadra. Tra quindici giorni si saprà qualcosa di più chiaro sulle sue intenzioni. Qualora andasse via sarà sostituito da un tecnico di valore che lavorerà come vogliamo noi, a prescindere se sia giovane o vecchio".

Dunque, per la prima volta il presidente più mansueto del calcio italiano dà una scadenza precisa al suo allenatore. Con una picola punta di orgoglio, molto sotto traccia. L'ascesa del Chievo è iniziata anni fa, Del Neri c'è da due stagioni. Ecco perché può essere rimpiazzato da un "tecnico di valore", naturalmente (ed è un altro segnale della "presenza" della società) disposto a "lavorare come vogliamo noi". Un'altra prova? Alla domanda su quanto ha contato Del Neri nel miracolo Chievo, Campedelli replica: "Il 30 per cento, quanto la società ed i giocatori". Forse anche per questo, udite udite, il presidente accetta di andare oltre l'argomento salvezza: "Se ci ritroviamo un po' c'è la possibilità di lottare fino all'ultimo per un traguardo importantissimo". Vale a dire, il quarto posto e la Champions League.

La partenza di alcuni giocatori importanti (su Marazzina in nazionale: "Mi ha riempito di orgoglio ma ieri non ho visto la partita") è data per scontata. "Se la controparte economica sarà importante, alcune partenze saranno inevitabili", dice Campedelli, che azzarda un pronostico, più di cuore che di testa, sulla lotta per lo scudetto: "Domenica scorsa mi è piaciuta più la Roma che la Juventus. Magari sarà una lotta due ma da interista spero che alla fine il titolo finisca ai nerazzurri".

Campedelli parla anche della terza tornata per l'elezione del presidente di Lega. Al presidente della Roma Sensi mancano solo tre voti per vincere il ballottaggio con Stefano Tanzi il prossimo 1 marzo: "Non ho il polso della situazione, non se se questi tre voti ci saranno ma certamente qualcuno in più sì. Non faccio previsioni perchè di solito vengono disattese, però l'impressione è che stavolta, rispetto alle altre due, riusciremo ad eleggere il presidente. La differenza tra Sensi e Tanzi? Il primo parte dalle risorse esistenti per trovarne delle nuove, il secondo punta alla salvaguardia dello status quo".

(14 febbraio 2002)

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