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Orfeo

Leggendario vate e teologo di origine tracia, rappresenta nei vari miti intessuti dai greci il destino dell'uomo entro la drammatica vicenda dell'universo: portatore di una scintilla divina in un mondo decaduto (v. il parallelo mito di Dioniso mangiato dai Titani), attraverso un lungo cammino di iniziazione alla conoscenza, si ricongiunge con il divino nell'unità primigenia. 

Elaborare il lutto e/o  coltivare la speranza

Contrariamente alla tradizione che vuole senza esito la ricerca che Orfeo compie al fine di riportare in vita dagli inferi la sposa Euridice, in alcuni vasi apuli del IV sec. a. C. Orfeo viene raffigurato come colui che riesce con la musica a convertire il giudizio di Minosse Radamente e Trittolemo e - forse - a ridare speranza di vita a tutti gli iniziati.  (SCHMIDT  1996, 451).

Orfeo - insieme al cantore Museo -  si contrappone alla concezione "apollinea" della mitologia omerica. Questi cantori tendono al recupero dell'unità umano-divino, mentre in Omero il divino è eternamente separato dall'umano.

Le dottrine orfiche sono proprie di strati sociali alti, e riprendono un patrimonio teo-filosofico raffinato, che parte dalla rielaborazione di visioni ctonie, legate alla terra come vitalità, tipiche del pensiero ionico presocratico, e portate in Magna Grecia da Pitagora. La dottrina era riservata ai soli mystai, cioè agli iniziati ai misteri.

La più diretta testimonianza del messaggio orfico è in Platone , venuto in Italia nel 388-387 e in stretto contatto con i Pitagorici di Taranto. Il vero bacchos, l'autentico iniziato, è colui che ha rettamente filosofato (Fedone 69c). Dunque la mnéme è logos-intelletto più che psyché. Secondo uno dei maggiori studiosi dell'Orfismo (BOTTINI 1992), la forma intellettuale in cui esso si presenta nella Magna Grecia, forma distinta dall'originale culto "zagreo" (dionisiaco-cretese) centrato sull'anima, costituisce la dottrina mistica elaborata nella cerchia di Pitagora. 

Al culto erano ammesse le donne, come si ricava dal modesto corredo femminile di una tomba della fine del V secolo a Metaponto (città dove Pitagora concluse i sui giorni). In esso è presente un uovo di marmo dal cui guscio spezzato compare come pendaglio una figura androgina identificabile con Phanes (l'essere primigenio nella dottrina orfica, secondo Proclo), che rimanda ad Eros, anch'esso raffigurato nell'uovo, ed Eros è oggetto centrale nel simbolismo cosmogonico orfico. 

FONTI

BOTTINI 1992: A. Bottini, Archeologia della salvezza. L'escatologia greca nelle testimonianze archeologiche, MI,1992

MADDOLI 1996: Gianfranco Maddoli, Culti e dottrine religiose dei Greci d'Oriente, in PUGLIESE CARRATELLI 1996, 481-498

PONTRANDOLFO 1996: Angela Pontrandolfo,  La pittura parietale in Magna Grecia, in PUGLIESE CARRATELLI 1996

PUGLIESE CARRATELLI 1993: Giovanni Pugliese Caratelli, Le lamiine d'oro "orfiche", MI:1993 

PUGLIESE CARRATELLI 1996: Giovanni Pugliese Caratelli (a c.), I Greci in Occidente, MI:Bompiani,1996 

SCHMIDT  1996: Margot Schmmidt, La ceramica italiota e siceliota, in PUGLIESE CARRATELLI 1996, 442-456).

TURANO 1964: Carmelo Turano, L'acrolito di Cirò, in Klearchos, 1964 (n.23-24), 61-72

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