INTERVISTA A PETER MANDELSON
Le sfide poste dalla globalizzazione e dall'ascesa economica di potenze emergenti quali Cina e India; la controversia sul tessile con Pechino e il delicato momento dei negoziati WTO per il Doha Round: sono i temi che Sergio Nava ha toccato e approfondito nella sua intervista con il Commissario Europeo al Commercio Peter Mandelson.
Il Commissario europeo al Commercio Peter Mandelson
MANDELSON: La mia opinione � che il maggior problema dell'Europa sia questo: stiamo usando le nostre politiche economiche, commerciali e sociali per gestire il cambiamento economico globale o le usiamo per resistere a questo cambiamento? Io penso non si possa resistere al cambiamento, a meno che non ci si voglia isolare dall'economia mondiale. Ma questo porterebbe al disastro: disastro per le nostre industrie, per le nostre esportazioni e per l'occupazione. Dobbiamo affrontare il cambiamento: dobbiamo costruire il nostro mercato interno, incrementare la nostra competitivit� ed aprire i mercati mondiali, per accrescere la nostra presenza nell'economia globale. Dobbiamo fare tutto questo, mentre le nostre politiche sociali devono rendere questa trasformazione sostenibile, soprattuto per i cittadini che hanno pi� bisogno di aiuto.

NAVA: Commissario, oltre a un rischio diciamo pure "esterno" della globalizzazione, ne esista anche uno interno, proveniente dai nuovi Stati membri dell'Unione Europea, che applicano sistemi di tassazione e salari diversi?

Non lo accetto. Penso che dobbiamo liberalizzare le nostre economie, perch� � cos� che diveniamo pi� competitivi. Cos� facendo consentiamo che emergano -in Europa- i settori dove abbiamo un vantaggio rispetto al resto del mondo. Parlo di settori, mercati, beni e servizi, dove siamo in grado di produrre e garantire forniture meglio degli altri. Cos�
funziona il sistema del commercio mondiale. Nel passato, ogni volta che l'Unione Europea si � allargata, ci� ha portato a una crescita economica e alla creazione di nuovi posti di lavoro. Lei parla di squilibri: beh, quando la Spagna � entrata nell'Unione, allora la si poteva definire "squilibrata" rispetto agli altri Stati, poich� era pi� debole economicamente. Guardi alla Spagna oggi, o guardi ad altri Paesi: per esempio, i 10 nuovi Paesi membri hanno contribuito in misura maggiore alla crescita economica e alla creazione di nuova occupazione, rispetto ai vecchi. Abbiamo bisogno di questo rafforzamento: stiamo portando all'Europa grandi benefici economic, grazie a economie di scala, alla maggiore competitivit�, all'apertura dei mercati interni ed esteri. Non
dobbiamo chiudere le porte ai nuovi Paesi n� girare le spalle al resto del mondo, perch� cos� facendo perderemmo le nostre opportunit� economiche e i nostri standard  di vita.

Parliamo della controversia che ha riguardato le quote tessili con la Cina. L'Europa � apparsa divisa sulla questione, con una spaccatura tra i Paesi nordici, pi� propensi ad approfittare dei prezzi pi� bassi dei prodotti asiatici, e quelli del sud preoccuapti per la chiusura di industrie e la conseguente perdita di posti di lavoro. Ci� vi ha indeboliti?

Non sono d'accordo. E' vero, abbiamo iniziato il 2005 con un'Europa divisa, ma � stato proprio l'accordo fatto a giugno con la Cina a riunire nuovamente gli obiettivi degli Stati membri. I Paesi del Nord Europa hanno dimostrato la loro solidariet� e il loro senso di
preoccupazione, nell'interesse di quelli pi� esposti all'esplosione delle importazioi tessili cinesi. Poi, quando il problema si � capovolto, a giugno, con il blocco delle merci cinesi nei porti, sono stati i Paesi del sud a dimostrarsi flessibili. Cos� deve lavorare l'Europa: con un mix di solidariet�, flessibilit�, pragmatismo, unendo le forze e rispettando gli interessi reciproci. La responsabilit� della Commissione Europea � creare le condizioni per questa unit�, per massimizzare l'interesse dell'Europa come un soggetto unico.

Guardiamo a dopo il 2007. Con la fine del sistema delle quote si compier� un profondo processo di ristrutturazione dell'industria tessile europea: prevedete sostegni e incentivi a livello comunitario?

Oltre 10 anni fa la Commissione Europea erog� fondi per aiutare le industrie tessili a ristrutturarsi. Abbiamo incoraggiato, facilitato e promosso tutto questo molto attivamente. Certamente non possiamo condurre noi questo processo al posto di altri: � chiaro che lo devono fare da soli, ma possiamo fornire appoggio e assistenza. L'economia europea � dinamica: le industrie si ristrutturano, si adattano... quello che dobbiamo fare � aiutare i lavoratori ad adattarsi al cambiamento. Non credo in un'Europa senza valori sociali, o in un'Europa dove dimentichiamo i cosiddetti "perdenti", o un'Europa dove si chiede alla gente di considerare la globalizzazione un fatto compiuto, per cui occorre solo sopportarne le conseguenze. Questo non � il nostro approccio. Dobbiamo aiutare il singolo lavoratore, che deve poter mettersi alla pari con il cambiamento: � una persona che ha bisogno di aggiornarsi, che ha bisogno di venire aiutato a trovare un approccio pi� flessibile al mercato del lavoro. Dobbiamo creare opportunit� per i lavoratori. E' questo il mix di politiche economiche e sociali che
-credo- l'Europa dovrebbe promuovere.
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