Mentre si avvale della teologia tomistica per l'esposizione della Commedia, per il contenuto filosofico Dante fa riferimento ad Alberto Magno.
Nella Commedia prende in
considerazione l'insieme dei filosofi antichi e medievali:
Agatone; Agostino; Anassagora; Sant'Anselmo; Aristotele; Averroè; Avicenna; San Benedetto; San Bonaventura; Brisso, Catone uticense; Cicerone; Democrito; Diogene; San Domenico; Empedocle; Epicuro; Eraclito; Euclide; San Francesco; San Girolamo; San Giovanni Crisostomo; Gregorio Magno; Ippocrate; Melisso di Samo; Omero; San Paolo; Parmenide; Pier Damiano; Pietro Ispano; Pier Lombardo; Platone; Seneca; Socrate; Zenone citico. Dante colloca nel Sole 12 saggi-filosofi cristiani che introducono al Paradiso (Par., X): San Tommaso, con alla destra Alberto Magno, il benedettino Graziano da Chiusi (compilatore di Canoni ecclesiastici), il maestro delle sentenze Pier Lombardo, Salomone, Dionigi Aeropagita, Paolo Orosio, Severino Boezio, Isidoro di Siviglia, Beda, Riccardo da San Vittore, Sigieri di Brabante. |
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Dante dipinto da Raffaello
nella Disputa del Sacramento
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Dante e il sistema aristotelico dei
cieli. Nel Paradiso (VIII, 97-135) viene affrontato il tema antropologico dell'individualità: l'essere umano da un lato dipende da fattori causali propri del mondo terrestre (necessità, ereditarietà, cause seconde), ma dall'altro è oggetto di un intervento mirato dovuto all'agire delle sfere celesti (la circolar natura) - a loro volta mosse dalla mente-sommo Bene-Dio - che provvedono alla socialità umana (l'essere "cive") disseminando le varie inclinazioni e attitudini tra gli uomini, senza tenere conto dell'ereditarietà (l'ostello, il seme) e danno luogo - connesse con le cause naturali e con la Fortuna - al destino individuale di ognuno. La visione scolastica viene esposta dall'anima di Carlo Martello (morto 23enne nel 1295 senza aver potuto acquisire la corona di Puglia e quella d'Ungheria, entrambe spettantigli per ereditarietà) che, richiamandosi ad Aristotele come "maestro vostro", spiega a Dante la duplicità di leggi cui è sottoposto l'uomo. |
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Lo Ben che tutto 'l regno che tu scandi Volge e contenta, fa esser virtute Sua provedenza in questi corpi grandi; E non pur le nature provvedute Son nella mente, ch'è da sè perfetta, Ma esse insieme con la lor salute. Per che quantunque quest'arco saetta, Disposto cade a provveduto fine, Sì come cocca a suo segno diretta. Se ciò non fosse, il ciel, che tu cammine, Producerebbe sì li suoi effetti, Che non sarebber arti, ma ruine: E ciò esser non può, se gl'intelletti, |
Che muovon queste stelle, non son manchi, E manco 'l primo, che non gli ha perfetti. Vuo' tu chee questo ver più ti s'imbianchi? Ed io: Non già; perchè impossibil veggio Che la natura, in quel ch'è d'uopo, stanchi. Ond'egli ancora: Or di': sarebbe il peggio Per l'uomo in terra, se non fosse cive? Sì, rispos'io; e qui ragion non chieggio. E puot'egli esser, se giù non si vive Diversamente per diversi uffici? No, se 'l maestro vostro ben vi scrive. Sì venne deducendo insino a quici; |
Poscia conchiuse: Dunque esser diverse |